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Un governo “fuori dal comune”: dal 2019 aumento delle tasse in 5 Comuni su 6

Questa ci mancava: ora anche i comuni alzeranno le tasse. Come? Sono ben 6.782 i comuni che potrebbero rivedere al rialzo le addizionali Irpef se a fine anno si spegnerà il congelatore dei tributi locali acceso tre anni fa (governo Renzi). La ripresa riguarderebbe anche l’Imu sulle seconde case, dove sono 6.516 i sindaci che finora si sono fermati prima di arrivare all’aliquota massima del 10,6 per mille. In gioco ci sono poi le Irpef regionali, che davanti a sé avrebbero spazi per aumenti potenzialmente enormi dopo la cura ricostituente somministrata a suo tempo dal governo Monti. L’ipotesi del rialzo l’ha lanciata all’Assemblea nazionale Anci di Rimini la viceministro all’Economia Laura Castelli (M5S).

E trova conferme anche nella Lega. Dove la svolta “sovranista” non ha spento la voce dell’autonomia. I sindaci, si ragiona, devono essere liberi di fare le proprie scelte in fatto di fisco. E i cittadini devono essere liberi di promuoverle o bocciarle con il voto. L’ultimo stop al fisco di Comuni e Regioni è stato acceso dalla manovra 2016, quando l’allora premier Renzi celebrava il “funerale della Tasi“. Fermare all’infinito le scelte fiscali di Comuni e Regioni, però, non si può.

Gli enti che avendo conti in ordine avevano limitato, o evitato del tutto le addizionali, sono stati costretti allo status quo, e magari a rinunciare a qualche progetto per l’impossibilità di finanziarlo. In una condizione del genere ci sono soprattutto le amministrazioni medie e piccole del Centro-Nord, e questo spiega perché l’idea di superare il blocco è concretamente sui tavoli del governo. Il problema politico è spinoso. Soprattutto in una manovra che allarga il forfait al 15% alle partite Iva ma rimanda a un futuro piuttosto indeterminato gli interventi su dipendenti e pensionati; che sono di gran lunga i primi clienti dell’Irpef.

A misurare l’ampiezza del tema sono i numeri. L’addizionale Irpef è ancora a zero in 4.151 Comuni, più della metà del totale. I Comuni che hanno già raggiunto il massimo dell’8 per mille, invece, sono solo 1.187, cioè un municipio su sei. Fra questi ci sono Roma, Napoli, Catania e Palermo dove i conti scricchiolano. Anche a Milano l’aliquota è al massimo, accompagnata però da un’esenzione per i redditi fino a 21mila euro che in teoria si potrebbe ripensare con lo sblocco, mentre a Torino la no tax area si ferma a 11.790 euro.

Il ritorno della possibilità di manovrare al rialzo le aliquote, insomma, resterebbe lontano dalla maggioranza delle città più grandi, che hanno già raggiunto i tetti di legge. Ma sarebbe una notizia per tante amministrazioni soprattutto in Toscana, Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte, i territori dell’Italia “ordinaria” dove le aliquote medie sono più lontane dal livello massimo.

Oggi l’Irpef dei Comuni vale 4,16 miliardi, e se tutti applicassero l’aliquota massima potrebbe arrivare fino a 5,9 miliardi. Qualche incognita c’è ancora, per esempio sulla replica dei 300 milioni del fondo a circa 1.800 piccoli Comuni per compensare l’addio alla Tasi sull’abitazione principale. Ma il percorso della manovra è ancora lungo, ahinoi, e non si sa ancora da che parte ci porterà a sbattere.

 

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