“Con questo Forum si completa il mandato che ho ricevuto con l’assemblea nazionale del luglio scorso. Penso che sia giusto chiedere alla presidenza di questo partito di riconvocare l’assemblea nazionale in tempi rapidi: una data buona potrebbe essere quella dell’11 novembre per essere conseguenti alla nuova fase che si deve aprire”. Così, preannunciando dimissioni a breve, il segretario nazionale del Pd, Maurizio Martina dal palco del Forum per l’Italia a Milano dà il via alla procedura che porterà al congresso con primarie che, molto probabilmente, si terranno entro metà febbraio. “Il nostro congresso può essere l’occasione per fare una parte del lavoro che ci manca, per sviluppare fino in fondo un’alternativa che muove dal Pd ma che deve andare oltre”.
“Il confronto tra noi è lo strumento dell’unità, noi non siamo uniti quando non ci confrontiamo. Possono essere uno strumento anche le primarie, pur con i suoi limiti, ma è un grande fatto politico, un pezzo della risposta – ha detto ancora Martina -. Questo partito ha energie formidabili, è un bene per l’Italia, le energie che ci sono qui dentro sono fondamentali per l’alternativa”.
Intanto, però, dalle parti del PD si aggira, come sempre nella sinistra italiana, il solito fantasma della scisccione. Dai renziani arriva un colpo di freno all’idea di Martina, il capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, ha detto: “Il congresso forse dovevamo farlo prima e non mi straccerei le vesti se dovesse essere spostato a dopo le elezioni europee. Farlo all’inizio del 2019 rischia di coincidere con il periodo peggiore, alle porte di elezioni europee ed amministrative delicatissime. Quindi pensiamoci bene, valutiamo anche quando arriveranno le dimissioni di Maurizio Martina. Abbiamo bisogno di arrivare alle elezioni particolarmente preparati, a maggio le Europee saranno davvero determinanti”.
L’incontro tra Nicola Zingaretti e Marco Minniti, invece, è avvenuto diversi giorni fa. I due, riferiscono fonti ben informate, hanno concordato sulla necessità che il congresso si tenga al più presto ma anche sull’importanza di evitare guerre fratricide. L’ex ministro dell’Interno non ha ancora annunciato la sua candidatura ma già all’inizio della prossima settimana potrebbe sciogliere la riserva.
Il “patto” tra i due prevede che chiunque vinca lavorerà per l’unità (anche questa l’abbiamo già sentita…). Se sarà concorrenza dovrà essere leale, quindi. Con l’obiettivo di ricucire, non di dividere. Anche Gentiloni è dello stesso avviso: “Il congresso prima si fa e meglio è”. Alla fine, quindi, i tre candidati che si contenderanno la segreteria dovrebbero essere Zingaretti, Minniti e lo stesso Martina. La scissione, ovviamente, se dovesse avvenire sarà per mano di Renzi, che sulla candidatura di Minniti non mette il cappello e non investirà più di tante energie. Inoltre va sottolineato come il congresso sia sembrato più un processo nei suoi confronti che un’occasione per ricucire.
Guarda piuttosto con molto interesse allo sviluppo dei comitati civici che ha lanciato durante l’ultima Leopolda. L’idea è quella di optare per una lista europeista e più movimentista, seguendo, insomma, le orme di Macron. Nel PD stesso, ai vertici, più di qualcuno auspica una fuoriuscita di Renzi. Insomma, potrebbe avvenire una “separazione consensuale”. Dolorosa soprattutto per l’elettorato e per la dispersione dei già pochi voti. “Se scendiamo sotto il 15% è finita”, tuona il filosofo Cacciari.
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