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Il morso del Fisco sull’Italia: un paese strozzato dalle tasse, quanto paghiamo rispetto al resto d’Europa

Sono ben 598 euro, i soldi persi in tasse da ogni italiano per l’anno 2017, a causa della pressione fiscale del nostro Paese rispetto a quella della media Ue. Il risultato arriva dall’ufficio studi della Cgia che ha messo a confronto la pressione fiscale registrata lo scorso anno nei principali Paesi europei, e confrontandone il differenziale di tassazione pro capite tra gli italiani e i cittadini dei principali paesi dell’Unione. Dall’analisi emerge che in Francia, in Belgio e in Svezia hanno pagato più di noi, rispettivamente 1.765, 1.196 e 712 euro. Ad eccezione dell’Austria che nel 2017 ha registrato il nostro stesso carico fiscale, tutti gli altri, invece, hanno avuto una pressione fiscale inferiore alla nostra; si tratta di un carico che ha assicurato un risparmio di tassazione pro capite rispetto ai cittadini italiani pari a 541 euro in Germania, a 996 euro in Olanda, a 1.964 euro nel Regno Unito e a 2.164 euro in Spagna.

Il report della Cgia non ha tenuto conto del Bonus Renzi, che per l’anno scorso ha pesato sulle casse dello stato per 9,5 miliardi di euro. Gli 80 euro dati a quei lavoratori dipendenti con retribuzioni medio-basse, sono stati contabilizzati nel bilancio dell’amministrazione pubblica come spesa aggiuntiva. Ne consegue che se si ricalcolasse la pressione fiscale considerando questi 9,5 miliardi di euro che praticamente sono un taglio delle tasse, anche se contabilmente vanno ad aumentare le uscite, la pressione fiscale scende al 41,6 per cento.

Secondo il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo, “grazie all’estensione a tutti i contribuenti dell’applicazione della flat tax, nel 2019 si corre il rischio che le tasse locali tornino ad aumentare”. Zebeo infatti denuncia che la Manovra non ha confermato i blocchi delle imposte territoriali introdotte nel 2015, pertanto è probabile che le addizionali Irpef e le aliquote dell’Irap, dell’Imu e della Tasi sulle seconde case e i capannoni, possano tornare a salire.

Il Segretario della Cgia Renato Mason, invece sottolinea il divario tra l’aumento delle tasse e la diminuzione sia in qualità che in quantità, dei servizi erogati al pubblico, che come sappiamo sono proprio finanziati dai soldi che ogni contribuente versa allo Stato. “Sempre più difficile fare impresa, creare lavoro e ridistribuire ricchezza – denuncia inoltre Mason – Alle piccole e piccolissime imprese, in particolar modo, il calo dei consumi delle famiglie ha creato non pochi problemi finanziari, costringendo molte partite Iva a chiudere i battenti”.

Oltre all’eccessivo peso delle tasse, è altrettanto evidente quindi che l’efficienza e la qualità della nostra Pubblica amministrazione sono un grosso problema: dall’ultima indagine condotta dalla Commissione Europea sulla qualità della Pubblica Amministrazione in 192 territori, il risultato è che le principali regioni del Centro-Sud d’Italia sono per 8 volte nel rank dei peggiori 20, con la Calabria che si classifica addirittura al 190esimo posto. Il risultato finale è un indicatore che varia tra 100, dalla regione finlandese Aland (primo posto), allo zero andato alla regione bulgara dello Severozapaden. Sebbene sia relegato al 118esimo posto a livello europeo, il Trentino Alto Adige (indice pari a 41,4) è la realtà territoriale più virtuosa d’Italia; seguono, a pari merito, altre due regioni del Nordest, l’Emilia Romagna e il Veneto (indice pari a 39,4) che si collocano rispettivamente al 127esimo e al 128esimo posto della graduatoria generale. Subito sotto troviamo la Lombardia (38,9) che è al 131esimo posto e il Friuli Venezia Giulia (38,7) che si attesta al 133esimo gradino della classifica stilata dalla Commissione Europea.

Per le regioni del Mezzogiorno invece, si registrano le performance più allarmanti: se la Campania (indice pari a 8,4) è al 186esimo posto, l’Abruzzo (6,2) è al 189esimo e la Calabria, il territorio in cui la Pa funziona peggio tra tutte le nostre 20 realtà regionali, è addirittura al 190esimo gradino della graduatoria generale, con un indice di soli 1,8 punti.

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