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Caro ci costa Giggino: l’errore che pesa ancora sulle tasche degli italiani, Di Maio costretto alla retromarcia

Un mese di tempo perso per l’ostinazione di Luigi Di Maio nel non ascoltare un consiglio arrivato dal ragioniere di Stato Daniele Franco, che suggeriva al leader Cinque Stelle di “mettere nella legge solo le risorse necessarie a finanziare il reddito di cittadinanza da maggio in poi, visto che difficilmente potrà essere applicato prima”. Un modo per passare da 9 a 6 miliardi, ritoccando così il rapporto deficit/Pil e rassicurando in un colpo solo gli italiani, i mercati, l’Europa. Ipotesi inizialmente bocciata, poi finalmente presa in considerazione in ritardo.

L’accusa verso il leader del Movimento arriva da Augusto Minzolini attraverso le pagine de Il Giornale, secondo il quale alla fine Di Maio potrebbe accettare di fare un passo indietro per accontentare l’Ue. Con il risultato però che a causa di quel “no” iniziale il Paese ha vissuto mesi duri, complicati, con lo spread schizzato stabilmente oltre quota 300 punti e Bankitalia a parlare di un miliardo e mezzo di interessi in più a gravare sulle tasche degli italiani.Un Di Maio che, scrive Minzolini, appare completamente fuori luogo non tanto come leader del Movimento quanto come ministro dell’Interno. Le giustificazioni date al caso che ha visto coinvolto il padre, reo di aver fatto lavorare in nero un operaio nell’azienda di famiglia, non sembrano allora arrivare da chi ha difeso il decreto Dignità ma “le ragioni di un piccolo imprenditore che ha fatto fuoco e fiamme su quel provvedimento”. Discorso simile sul reddito di cittadinanza. Un provvedimento che a molti, sul fronte leghista, non va e non è mai andato giù e che però non può essere smantellato, visto che Salvini in linea con Di Maio continua a difendere a spada tratta il contratto di governo firmato mesi fa e non è disposto a scendere a compromessi. “Questi sono ragazzi – sbotta Dario Galli, viceministro di Di Maio al ministero dello Sviluppo –  non sanno quello che fanno. Un giorno azzardano una sparata. Il giorno dopo ci ripensano e non sanno neppure il perché”.

Infortuni, bugie, altri operai in nero: i guai di Di Maio sono appena cominciati

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