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La “Quota 100” di Salvini? Una beffa per tutti: ecco perché. Scoperta la fregatura…

Quota 100 nasconde più di una beffa, e adesso se ne sono accorti tutti: saranno penalizzati giovani e donne. Lo denuncia il rapporto “Barometro” sul benessere delle famiglie, effettuato dall’ufficio studi della Cisl. Si parte da un esempio preciso: si prende cioè il caso di un lavoratore che raggiunga la soglia a gennaio 2019 con 62 anni di età e 38 o più anni di contribuzione, anticipando la pensione di vecchiaia di 5 anni rispetto alle regole imposte dalla legge Fornero (67 anni). La perdita pensionistica lorda, calcolano i ricercatori di via Po, va da un minimo del 17,8% per chi ha 42 anni di contribuzione a un massimo del 25,4% per chi ha 38 anni di contribuzione.

Rispetto alla pensione di vecchiaia quindi l’anticipo pensionistico con il meccanismo della “quota 100” determina una perdita pensionistica consistente. “Quota 100 – osservano al sindacato – potrebbe rappresentare una risposta positiva alla richiesta di flessibilità. Purtuttavia sembra adattarsi soltanto a chi ha carriere lavorative continue”. Un canale a cui potranno di fatto accedere più facilmente solo una parte di lavoratori: i maschi più delle donne, i lavoratori del pubblico impiego più del settore privato, i lavoratori di alcuni comparti produttivi più di altri, i lavoratori che hanno iniziato a lavorare molti anni fa più di quelli che hanno iniziato a lavorare più tardi.

Per gli altri e per i giovani, che avranno la pensione totalmente contributiva, la strada non può che essere il ritorno a un modello pre-1995 con un minimo di anzianità contributiva. Per la Csil è difficile valutare il costo di “quota 100” perché non sono ancora “chiare le condizioni e se c’è divieto del cumulo retribuzione/pensione. Nella legge di Bilancio – spiegano – sono stati stanziati 6,7 miliardi per il 2019 e 7 per il 2020. Senza finestre e/o condizioni limitanti, la somma stanziata per il 2019 sarebbe insufficiente”.

“Con i risparmi prodotti dalle finestre e da una percentuale di adesione non prossima al 100%, date le perdite nel rateo di pensione e la possibile introduzione del divieto di cumulo, le risorse stanziate dovrebbero essere sufficienti per il primo anno. Interrogativi suscitano invece le risorse stanziate per gli anni successivi”. Chi è andato in pensione con quota 100 nel 2019 continuerà naturalmente a percepirla negli anni successivi. A queste pensioni si aggiungeranno quelle di nuovi lavoratori che matureranno quota 100 nel 2020.

Alla spesa per le prime si accumulerà quindi la spesa per le seconde e le risorse stanziate a partire dal 2020 potrebbero essere insufficienti. Lo studio riflette sul fatto che questo nuovo canale di uscita è condizionato tuttavia da un elevato numero di anni di contribuzione richiesti. Per chi non raggiunge questa anzianità contributiva l’unico pensionamento possibile è quello di vecchiaia. La riforma del ’95 assicurava invece una flessibilità in uscita tra i 57 e i 65 anni con un minimo di anzianità contributiva; era quindi una flessibilità aperta a tutti.

Questa flessibilità è stata eliminata nel 2004 e, nonostante le richieste, mai ripristinata. I miliardi che il governo ha stanziato in un fondo per pagare la riforma “quota 100” per il 2019 sono 6,7 e saliranno a 7 per gli anni a venire. Ma l’assegno sarà inevitabilmente più leggero. Un anno di sgravio sui contributi per ogni figlio per le donne: è questa la proposta della Cisl per favorire le lavoratrici rispetto agli uomini.

 

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