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Da gennaio incentivi per l’acquisto di auto elettriche, e la nuova tassa sulle auto benzina e disel: Anfia evidenzia gli aspetti negativi della proposta

Novità in vista sul fronte automobilistico: dal 1 gennaio 2019 arrivano infatti gli incentivi per l’acquisto di auto elettriche per chi comprerà e immatricolerà in Italia un’auto nuova elettrica, ibrida o alimentata a metano, e scatterà già dall’inizio del prossimo anno fino ai successivi 3 anni. L’emendamento approvato in manovra, prevede il riconoscimento di un contributo economico fino a 6mila euro, calcolato sulla base della CO2 emessa per chilometro. Chi invece, ne comprerà una nuova alimentata con carburanti più inquinanti (benzina e disel), dovrà pagare un’imposta fino a 3 mila euro che, anche in questo caso, sarà calcolata in base alle emissioni di CO2 del veicolo. La tassa sarà progressiva all’aumentare delle emissioni di anidride carbonica: partirà da 150 euro per 110g/Km per arrivare a 3mila euro oltre i 250g/Km. Chi acquisterà un’auto sotto queste soglie (in pratica quelle a metano, elettriche o ibride) avrà un incentivo tra 1.500 e 6.000 euro.

Dopo l’approvazione dell’emendamento, il comparto automobilistico è subito andato in subbuglio: l’Anfia (l’associazione della filiera automobilistica), che solo pochi giorni fa aveva ricevuto dal premier Conte rassicurazioni sul settore, ha bollato la tassa come “sbagliata e penalizzante per le classi sociali con minore capacità di spesa”. Il timore di Anfia è che il settore si fermi, con conseguenze che potrebbero farsi sentire presto se la norma dovesse essere confermata al Senato, con il rischio di colpire stabilimenti importanti come quello di Pomigliano D’Arco.

Nell’intervista con il Sole24Ore, il maggiore esponente di Anfia Marco Stella, amministratore delegato della Duerre di Maranello e presidente dell’associazione degli industriali della filiera automotive, ha esposto motivazioni e perplessità sulla manovra, e l’impatto logorante che avrà sul settore automobilistico: “Se valutiamo la misura in base alle vendite del 2018, sono circa novemila automobili che possono ricevere un bonus, circa 700 mila vetture su cui l’impatto della norma è neutro e circa un milione di auto che saranno tassate fino ad un massimo di tremila euro” – ha affermato il Presidente. Nella sua spiegazione Stella ha proseguito spiegando che le auto potenzialmente incentivabili (quelle ibride ed elettriche) costano tra i 30mila e 100mila, quindi in molti casi accadrà che attraverso la riforma guadagnerà seimila euro chi compra da 100mila euro. Al contrario, ha proseguito la sua spiegazione il Presidente Anfia, se si prende in considerazione il modello la Panda 1.2 prodotta a Pomigliano (il modello più venduto in Italia), ha un costo di circa 10mila euro. Su quest’ultima con il nuovo sistema, si pagherà un’imposta dai 400 ai 1.000 euro, e che in minor misura riguarderebbe anche la versione a metano (tra le vetture non ibride con le più basse emissioni di CO2). In sostanza dalle affermazioni del capogruppo di Anfia, il vantaggio sarà solo per chi comprerà costose auto elettriche.

Dall’intervista di Stella è emerso inoltre, che gli incentivi andranno esclusivamente all’acquisto di auto importante e con componentistica prodotta in Asia: “La filiera italiana è tagliata fuori da una misura spot, improvvisata. Inoltre, il potenziale impatto sulle vendite di auto in Italia è negativo. In un mercato già in difficoltà, si rischia una contrazione delle vendite a doppia cifra che colpirebbe soprattutto la filiera italiana. L’effetto sui consumi del Paese, fermi da anni, sarebbe deleterio”.

Uno sguardo al futuro all’insegna del pessimismo quello di Stella nei confronti del nuovo emendamento, dalla quale si è mostrato da subito contrario, forse anche perché Il Presidente Anfia insieme alle associazioni automobilistiche avrebbero preferito che il Governo, prima di attivarsi con gli incentivi all’acquisto di auto ecologiche, avesse ideato un piano strategico interno al Paese per assecondare la transizione verso i motori a propulsione alternativa. “Bisogna dotare il Paese delle infrastrutture, banalmente i distributori elettrici, e accompagnare l’intera filiera nella conversione dei motori con incentivi e sgravi per la ricerca e lo sviluppo”, ha affermato il Presidente Stella. “Lo hanno fatto la Francia e la Germania. Anche in Italia serve una politica industriale per la filiera automotive, i provvedimenti come questo aumentano il divario con i competitor internazionali”. Effettivamente, secondo i dati riportati da Stella, su un parco circolante di 38,5 milioni di auto, 3,5 milioni hanno requisiti pari o inferiori a Euro 3: “Se si vogliono ridurre le emissioni bisogna prima di tutto sostituire queste auto”.

 

 

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