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Pd, Calenda tuona: “Non partecipo al congresso. Renzi, Gentiloni… Come stanno le cose”

Se c’è uno che non le manda a dire, si sa, quello è Calenda. E anche stavolta, in pieno delirio del PD, esce allo scoperto a dice la sua, tracciando la linea con estrema lucidità e senza mezzi termini: “Gentiloni non si sottragga al ruolo che gli compete: è punto di riferimento e non può stare alla finestra. È lui che deve chiamare il time out nel Pd, è lui che deve scendere in campo. Altrimenti la sua diventa una scelta di rinuncia dannosa per il Pd e per l’Italia”. Carlo Calenda, ex ministro dello Sviluppo economico, molto corteggiato sia da Nicola Zingaretti che da Maurizio Martina che vogliono affidargli un ruolo nel voto europeo di maggio, lancia l’ennesimo appello.

Ma sulla possibilità di candidarsi alle europee, replica: “Grazie, ma non si tratta dimettere figurine… ci sarò se ci sarà un progetto politico ampio e serio”. Calenda, insiste sul time out: “Intanto facciamo un punto della situazione. Immediatamente. Gli allenatori quando vedono che la partita va male e la squadra è sbandata chiedono una pausa per definire un nuovo schema di gioco. Il congresso, che si sarebbe dovuto fare a settembre scorso, è oggi fuori tempo. Andrebbe sospeso fino a dopo le europee”.

“Tra nuovi partiti e ritiri non si capisce nulla. Marco Minniti era in corsa alle primarie pensando di rappresentare l’ala liberal democratica, di cui Renzi è magnapars. È stato coraggioso a rinunciare, non vedendo più il senso politico della sua candidatura”. Come valuta le mosse di Matteo Renzi? “Matteo deve dire cosa vuole fare. Non credo ci sia niente di male nel fatto che voglia creare un suo partito, ma occorre saperlo per tempo. Se lo fa è uno dei soggetti da coinvolgere nel fronte democratico per le europee”.

L’iniziativa di Renzi sarebbe simile a quella che anche lei vorrebbe costruire: sareste in competizione? “No, non stiamo parlando della stessa cosa. Vero è che io sono un liberai democratico, che sono stato d’accordo con molte scelte del governo Renzi. Ma per me la scommessa è ampliare il fronte, non frammentarlo. È costruire una grande lista democratica per le europee”.

“Se Salvini vince, l’Italia rischia di scivolare ai margini dell’Europa e avere come punto di riferimento la Russia di Putin. E non è una mia analisi, è quello che Salvini dichiara di volere: una democrazia illiberale fuori dall’Occidente. La vittoria di Zingaretti rischia di essere una vittoria di Pirro, in cui metà partito non si sente più rappresentato. Sospendiamo il congresso con Gentiloni presidente di transizione e una segreteria larga e un luogo di coordinamento dell’opposizione: da Pizzarotti a Emma Bonino”.

Ma il Pd è la sua casa? “Il Pd è la mia casa. Però ritengo si debba andare oltre il Pd, perché non basta per rappresentare tutti gli italiani che si oppongono al governo gialloverde. Punto perciò a una lista per le europee che parli a socialdemocratici, liberali e popolari. Dopo si vedrà se partire per un neo partito dei progressisti. Per ora: mai con i 5Stelle!”.

 

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