Bisognerebbe chiedere a Di Maio, ora: soldi restituiti ai truffati di Banca Etruria, fatto? Prr, pernacchia. L’ennesima di questo governo della fuffa. Sì, perché ora raccontiamo un’altra (abbiamo perso il conto) promessa non mantenuta. Le azioni di indennizzo contro le banche fallite sono state per mesi il vessillo dei partiti di governo, ma qualcosa nel rush finale per l’approvazione in Senato della finanziaria deve essere andato storto: sulla base del dettato normativo ad avere diritto al rimborso sono solo i risparmiatori delle venete, Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, finite in default nell’estate del 2017.
Nulla invece è dovuto per i risparmiatori delle quattro banche andate in crack a fine 2015, Banca Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca Marche e Cassa di Risparmio di Chieti. Sì, perché anche questo va ricordato: nel ciclone non finì mica solo Banca Etruria come hanno sempre raccontato per danneggiare la Boschi e quindi il governo Renzi. No, ci finirono anche tutte le altre elencate sopra. Ma quelle erano poco utili per fini propagandistici, e quindi si è parlato sempre e solo di Etruria. Poi il caso di Pierluigi Boschi (padre dell’ex ministra) è stato archiviato. “Tanto rumore per nulla”, diceva Shakespeare.
Il fondo istituito dalla Finanziaria con una dotazione iniziale di 525 milioni all’anno nel triennio 2019-2021, prevede infatti l’indennizzo per i risparmiatori che abbiano subito “un pregiudizio ingiusto” a causa di “violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza” da parte di istituti posti in “liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018”. Il diavolo, si sa, si nasconde nei dettagli…
E infatti la “liquidazione coatta amministrativa” è la procedura concorsuale alternativa al fallimento (nei casi in cui l’insolvenza posa mettere a repentaglio l’economia dello Stato) seguita nel caso dei due istituti di credito veneti, ma non invece dai quattro istituti dell’Italia centrale finiti sull’orlo del baratro a fine 2015. Il “Salvabanche”, varato dal governo Renzi (all’epoca fortemente criticato da M5s e Lega – attualmente al governo), aveva invece previsto un percorso diverso, più omogeneo.
La normativa rende possibile l’indennizzo diretto grazie all’introduzione di una domanda al ministero dell’Economia e delle Finanze dove sarà istituita una apposita commissione di nove membri. I dettagli operativi sono rinviati a un futuro decreto da emanarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge. A partire dall’entrata in vigore del decreto, i risparmiatori traditi avranno poi sei mesi di tempo per presentare la domanda al ministero.
Curiosamente però il legislatore sembra escludere fin da subito gli onorari dei legali che dovessero affiancare i risparmiatori. “La prestazione di collaborazione nella presentazione della domanda, e le attività conseguenti, non rientra nell’ambito delle prestazioni forensi e non dà luogo a compenso” recita infatti la norma.
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