In tempi di crisi come quelli che l’Italia sta vivendo da anni, l’arte di arrangiarsi o meglio ancora del sapersi reinventare per non soccombere, hanno fatto inevitabilmente cambiare la faccia al mondo del lavoro. Il mondo degli artigiani, uno dei bacini più significativi del made in Italy, è quello che ne ha più risentito con vecchi lavori pronti a scomparire, e allo stesso tempo tanti altri pronti a nascere e a rinnovarsi. Dunque non solo tradizione e antichi mestieri, ma il settore degli artigiani si mostra in continua evoluzione, pronto a rinnovarsi spalancando le porte a nuove imprese, come ad esempio quelle dei tatuatori. A raccontare il cambiamento di questa fetta importante e centrale di mondo produttivo italiano ci ha pensato la fotografia scattata da Unioncamere e InfoCamere sull’evoluzione dei mestieri artigiani negli ultimi 5 anni. In generale il settore, che conta oltre 1,3 milioni di imprese, ne ha perse quasi 100mila tra il settembre 2013 e il settembre 2018. Ma alcuni “mestieri” crescono, raggiungendo anche numeri consistenti.
E così aumentano le imprese di pulizia e quelle che si occupano di tatuaggi e piercing. Crescono i giardinieri e le agenzie per il disbrigo delle pratiche. Aumentano anche le imprese che confezionano accessori d’abbigliamento o le sartorie su misura, così come i designer, di moda e per il settore industriale. Si riducono invece le imprese di costruzioni e quelle che si occupano di ristrutturazione, i “padroncini” addetti ai trasporti su strada, gli elettricisti, i falegnami e i meccanici. Scendendo più nel dettaglio, i servizi di pulizia, utilizzati soprattutto per uffici e aree commerciali, sono cresciuti di quasi 5.700 unità, i tatuatori di 4.315.
In aumento anche giardinieri (+3.554), agenzie di disbrigo pratiche (+1.809) e parrucchieri ed estetisti (+1.758). Muratori e “padroncini” diminuiscono invece rispettivamente di quasi 24mila e oltre 13mila unità. Soffrono anche le attività di falegnameria (-20% in tutti i casi). Le lavanderie si riducono del 17%, i piastrellisti del 15%, gli imbianchini del 14%, i fabbri del 13%. Anche le attività che realizzano lavori di meccanica generale, come la tornitura o fresatura, lasciano sul campo l’11% delle imprese.
Dai dati si può ricavare anche un profilo degli imprenditori per età, sesso e nazionalità: i giovani imprenditori, ad esempio, aumentano soprattutto tra i tatuatori, seguiti dai giardinieri, imprese di pulizie e designer di moda o industriali. Crescono anche nelle attività di Street food (la ristorazione mobile). Le donne, invece, si focalizzano nei servizi per il benessere fisico, tipo personal trainer, nelle lavanderie e tintorie, tra le parrucchiere ed estetiste. Le imprese artigiane di stranieri, infine, aumentano soprattutto nelle diverse attività di confezionamento di abbigliamento, tra i calzolai e le agenzie di disbrigo pratiche.
Ti potrebbe interessare anche: Lavoro: i mestieri che gli italiani non vogliono fare e che scomparirebbero senza gli immigrati