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Monete da 1 e 2 centesimi: sospesa la produzione dal 2018, ma nelle tasche degli italiani ne restano ancora 7 miliardi

Da sempre considerati come una moneta estremamente scomoda che pesa e provoca ingombro nelle tasche degli italiani, le monetine da 1 e 2 centesimi di euro sono uscite fuori di produzione dall’anno scorso. Infatti dal 1° gennaio 2018 era entrata in vigore la normativa sulla sospensione del conio dei cosiddetti “centesimini”, ovvero lo stop della produzione delle monetine da 1 e 2 centesimi che non hanno mai riscosso grande simpatia da parte dei consumatori. La misura, che appartiene alla legge di bilancio del precedente governo, non ha ancora trovato una reale attuazione. Sarà dunque per questo che i nostri portafogli sono ancora pieni di monetine di rame? Anche se la Zecca dello Stato ha fermato la produzione dei ramini, le monetine ancora in circolazione sono circa 7 miliardi, mantenendo a pieno il loro valore legale. Dunque anche nel periodo di sospensione potranno essere usate ancora nei pagamenti, purché vengano messe assieme per arrivare ai 5 centesimi. Inoltre c’è anche da considerare che l’Italia conia monete insieme ad altri Paesi europei e dunque potranno circolare anche centesimi “esteri”. Intanto quel che è certo è che un po’ per volta le monetine da 1 e 2 centesimi spariranno dai nostri portafogli, dove nessuno ne sentirà la mancanza.


Le cause della sospensione
I motivi dell’entrata in vigore di questa normativa erano specialmente dovuti agli eccessivi costi di produzione, gestione e distribuzione. Infatti, la sospensione del conio di queste monete potrebbe comportare un risparmio di 20 milioni di euro da usare per l’ammortamento dei titoli di Stato. Secondo quanto rende noto il Poligrafico e Zecca dello Stato, abbiamo speso circa 10 milioni di euro l’anno (iva esclusa) per coniare circa 350 milioni di monetine da 1 e 2 centesimi; nello specifico 230 milioni di pezzi da 1 e 170 da due centesimi. Nel 2016 erano stati rispettivamente 236 milioni ei 129 milioni, mentre l’anno precedente al Ministero dell’Economia era stati consegnati 144 milioni e 134 milioni.

Gli arrotondamenti nei negozi
Poi c’è la comodità. L’addio alle monetine ha reso più semplice la vita ai consumatori e agli esercenti. La misura sugli arrotondamenti vale però soltanto per i pagamenti in contanti e l’importo si corregge al multiplo di cinque più basso, ad esempio 3,12 centesimi diventa 3,10 e 6,78 diventa 6 euro e 80 cent. Gli unici che ne risentono sono gli esercizi della grande distribuzione e tutti i piccoli negozi che lavorando a peso arrivano automaticamente a prezzi in centesimi. “Con franchezza – dice Gian Paolo Angelotti, presidente degli alimentari di Confesercenti – il centesimo non è mai stato uno strumento di pagamento nei negozi tradizionali, è una moneta scomoda, occupa spazio e dà soltanto noia, da noi si è sempre adottato per eccesso o per difetto”.
Il confronto con gli altri Paesi
Nel resto d’Europa intanto ogni Paese procede per conto proprio. Mentre l’emissione delle banconote è competenza della Banca Centrale Europea, quella del monete è in capo ai Paesi pur con la supervisione dell’Eurotower che deve approvare il volume annuale di produzione. In Irlanda da ottobre 2015, neiPaesi Bassi da settembre 2004 e in Belgio dal 2014 li esercizi sono già liberi di arrotondare i prezzi ai 5 centesimi più vicini, come previsto dalla norma italiana mentre in Finlandia la regola della correzione del prezzo è un obbligo già dall’introduzione dell’euro. Non tutti però snobbano i centesimi come qui. Secondo un’indagine condotta dalla Bce nel 2016, l’Italia si posiziona esattamente nella media europea, con il 63% che dichiara, o meglio dichiarava, di utilizzarli per i pagamenti. Numeri ben diversi dalla Lituania, dove la percentuale sale all’84%. Sul lato opposto della classifica la Finlandia, dove le monetine sono usate per pagare solo nel 20% dei casi. Il premio “salvadanaio” va ai cittadini austriaci. Oltre la metà dei cittadini non le spende né le dà via immediatamente. Le conserva a casa. Non si sa mai.

 

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