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Nasce in Italia la prima pianta robot che si arrampica

La prima “pianta robot” è nata nei laboratori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Pontedera (Pisa). Si tratta del primo automa in grado di simulare il comportamento di una pianta rampicante e avvolgendosi di fatto attorno ad un supporto. Si muove sfruttando lo stesso principio fisico che fa muovere l’acqua nei tessuti delle piante rampicanti. Il lavoro è stato descritto nella rivista Nature Communications, e in futuro potrebbe essere d’ispirazione per lo sviluppo di dispositivi indossabili, come tutori, in grado di cambiare forma. I ricercatori, guidati da Barbara Mazzolai (tra le 25 donne geniali della robotica 2015), hanno tratto ispirazione dal comportamento delle piante. Le radici, spiegano dall’ IIT, crescono bilanciando la ricerca di nutrienti con la necessità di evitare ostacoli e sostanze dannose. Inoltre, non potendo scappare diversamente dagli animali, le piante quando si muovono, in realtà “crescono”, si allungano, adattando continuamente la loro morfologia all’ambiente esterno.   

Come funziona la pianta robot
Il principio su cui si avvale lo studio è denominato “osmosi”, secondo il quale le piante sfruttano il trasporto dell’acqua al loro interno per muoversi. La pianta robot è di tipo “soffice”, ed è quindi in grado di adattarsi all’ambiente circostante attraverso la sua struttura flessibile. Flessibile ma non lenta: la pianta per potersi allungare nel modo più efficiente possibile è stata programma per essere piuttosto veloce nei suoi movimenti di osmosi. Grazie ad uno “stelo” composto da un tubo flessibile di Pet, tipico materiale utilizzato per conservare alimenti, il vegetale hi-tech può srotolarsi, arrotolarsi proprio come una vera pianta. All’interno del robot scorre un liquido con particelle cariche di ioni, e viene alimentato da una batteria di 1.3 volt. Tramite l’energia elettrica gli ioni vengono attirati e fissati sulla superficie di elettrodi flessibili alla base della pianta, e in questo modo fanno arrotolare i viticci. Per farlo srotolare, è sufficiente “staccare” la batteria.
Grazie a questa ricerca è stato possibile per la prima volta mostrare la possibilità di sfruttare l’osmosi per azionare movimenti reversibili. Il fatto di esserci riusciti usando una comune batteria e dei tessuti flessibili suggerisce la possibilità di creare robot soffici facilmente adattabili all’ambiente circostante, senza creare danni a oggetti o esseri viventi. Le possibili applicazioni potranno spaziare dalle tecnologie indossabili allo sviluppo di braccia robotiche flessibili per esplorazione. La sfida nell’imitare le capacità delle piante di muoversi in ambienti mutevoli e non strutturati è appena iniziata.

 

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