C’è chi sostiene che il calcio italiano abbia in realtà bisogno di Wanda Nara. E questo perché si parte dal calcio, certo, ma l’argomento ormai riguarda la tormentata storia del costume di questo paese. Il moto di reazione alle donne che si prendono la scena, anche se non lo dice praticamente nessuno (perché nelle abitudini del vecchio mondo del calcio contano i rapporti di forza, molto più che i principi), ha prodotto delle reazioni bigotte e ridicole. Uomini contro donne, armati di parole d’ordine stupendamente paritarie del tipo: “Vai a fare il tuo lavoro in cucina”, o “Non parlate di calcio, femmine, che voi non nei capite un tubo”.
Sono state le frasi di Collovati (sua moglie domenica va da Giletti e se continua com’è andata fino ad ora potrebbe saltare un’altra coppia) e persino di Costacurta si è calato nei panni del gendarme per combattere nella più grossolana guerra dei sessi. Ecco perché questa storia ci racconta del nostro mondo fragile e terremotato.
Quante sono in Italia – e in tutti i mestieri – le donne che oggi riscrivono le mappe, aggiustano le carriere, salvano i mariti, spesso accecati dai vantaggi immediati, e privi di capacità di capire le prospettive a lungo termine? In questo racconto complesso, il calcio è solo parte di una storia più grande. Mai le donne sono state così pubblicamente protagoniste, così decisioniste, così determinate e determinanti.
Wanda è solo l’ultima delle “wags”, di certo è la più appariscente. Quello che l’ha fregata è lo specchio ustorio del piccolo schermo, la lente di ingrandimento di Tiki Taka che ha trasformato in proiettili le sue parole e i suoi tweet. Wanda Nara, in quella spumeggiante tribuna di contaminazione che è Tiki Taka, diventa deflagrante perché è la tv che fa saltare i parametri.
In politica abbiamo avuto un deputato del M5s, Massimo Felice De Rosa, che urlava in Parlamento alle colleghe del Pd: “Siete qui perché sono stati fatti troppi pompini!”. E una famosa querelle tra Sabina Guzzanti e Mara Carfagna, fu vinta in tribunale dalla vicepresidente della Camera per aver ricevuto una analoga accusa durante una manifestazione a piazza. La Guzzanti fu costretta a pagare 40mila euro di risarcimento, passando alla storia come la prima donna ad aver fatto una battuta sessista.
Il problema non è che le donne si occupino di calcio o parlino di tattica.Sono le società di calcio del terzo millennio, esattamente come la società italiana del terzo millennio, il problema. Per questo il maschilismo di ritorno del “fatele tacere” è il solo il corollario stupido di una guerra persa. La forza del neo-familismo carismatico delle mogli-erinni armate di giarrettiera e valigetta da manager non è la causa del disagio, ma la risposta al disagio. Adelante, Wanda!
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