C’è chi segue la politica con un certo distacco, piuttosto incurante di quello che succede lontano, nelle aule del Parlamento. E chi invece si toglie puntualmente di dosso i panni di semplice cittadino per indossare quello di scatenato ultras pronto a tutto pur di difendere le ragioni del proprio schieramento di riferimento. Di uscite (e gesti) sopra le righe, in questi anni, ne abbiamo visti più o meno di tutti i colori. Dalla Toscana ecco però arrivare un nuovo episodio, decisamente inedito.
Un uomo piacentino, ex consulente dell’Enel, è a processo con un’accusa decisamente bizzarra: quella di aver tentato di tagliare l’elettricità dall’abitazione dell’ex premier Matteo Renzi, oggi esponente di un Pd più in crisi che mai. Un gesto insolito arrivato a poche ore da un passaggio chiave della storia politica italiana. L’episodio incriminato, infatti, è avvenuto all’indomani di quel 4 dicembre 2016 in cui gli italiani erano stati chiamati a votare sul referendum costituzionale.
Una chiamata alle urne che aveva segnato la fine dell’avventura al governo di Matteo Renzi. A dare notizia dell’accaduto è il quotidiano di Piacenza, “La Libertà”. Secondo l’accusa l’imputato, che si professa innocente, sfruttando la sua professione di consulente presso Enel avrebbe prelevato gli estremi dell’utenza Renzi di Pontassieve, telefonando al call center dell’azienda dell’energia elettrica e chiedendo la disdetta.
Quando i tecnici si presentarono a casa Renzi furono però fermati prima di procedere al taglio della luce. Da lì era scattata un’indagine per capire cosa fosse realmente accaduto. In seguito agli accertamenti il piacentino (che si dichiara estraneo ai fatti) è stato rinviato a giudizio con le accuse di accesso abusivo a un sistema informatico e di sostituzione di persona.
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