La candidatura di Gianluigi Paragone a presidente della Commissione d’inchiesta sulle banche non piace a molti, non solo nel sistema bancario, ma anche dentro il governo, e in particolare nella Lega. Lui prova a rassicurare e detta la linea: “Non andrei certo lì a fare processi o a chiedere la testa di qualcuno. Ma neanche a fare lo zimbello di nessuno. Hanno paura di me? Ma se uno pensa alla tutela del risparmio e ai diritti del risparmiatore diventa pericoloso?”.
Gli ultimi rumors vedono in bilico la sua candidatura, con i presidenti delle Camere ostili, che fanno pressioni per individuare altri nomi di “tecnici”. Comunque vada, è più che probabile che la nomina slitti a dopo le Europee. Il suo curriculum, agli occhi del sistema delle banche e della finanza, non è certo un biglietto da visita graditissimo. Perché dopo aver vissuto diverse vite, Paragone ha virato negli ultimi anni verso un attacco frontale.
Dopo una carriera da giornalista, prima a Varese News, poi come direttore della Padania, si è mostrato sensibile alle idee dei 5 Stelle e, prima di candidarsi, ha segnato il suo percorso con una serie di programmi, e un libro, decisamente abrasivi. Idee che lo hanno aiutato a emergere ma che, a suo dire, lo hanno anche ostacolato: “In Rai — racconta spesso — ero un eretico, uno dei pochi a puntare il dito contro la malafinanza. A un certo punto, a L’Ultima parola mi dissero: forse è meglio se fai un programma da musicista”.
Ma Paragone non ci sta a va a La7: “Dopo un po’ mi hanno fermato anche alla Gabbia. Ho pagato cara la mia coerenza. E la sto pagando anche dopo il libro”. Il riferimento è al saggio “Gang Bank”, durissimo contro il sistema bancario e finanziario. Contro, citazione di Federico Caffè che ripete spesso, “gli incappucciati della finanza”. Il suo approccio è decisamente aspro: “Bisogna ribaltare il paradigma per cui il mercato ha sempre ragione e lo Stato no”.
“Credo che in politica ci siano molti ladri, ma nella finanza ci sono dei criminali”. Nel libro fa i nomi e attacca i politici “subalterni”. Non è un mistero che non corra buon sangue con il leghista Giancarlo Giorgetti, sospettato di rapporti troppo stretti con il governatore della Bce Mario Draghi. E Paragone negli ultimi giorni ha attaccato duramente il ministro Giovanni Tria: “In un governo politico c’è un unico ministro tecnocrate e sta vincendo. Perché sta bloccando i decreti attuativi per indennizzare i risparmiatori truffati dalle banche”.
Non fa troppi sconti neanche a Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che avevano promesso di accelerare: “Sono stufo di abbaiare alla luna”. E quanto alla commissione ha spiegato: “Non sono sicuro che farò il presidente. Non vado lì senza vedere le carte delicate. Altrimenti siamo al tana liberi tutti”. E su Bankitalia: “Serve discontinuità”.
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