Anche se il governo ha promesso a più riprese che l’aumento Iva non ci sarà, la preoccupazione per la spada di Damocle che pende sul bilancio delle famiglie italiane è in continua crescita. Per disinnescare le clausole di salvaguardia servono 23 miliardi di euro, altrimenti dal 1° gennaio 2020 l’aliquota ordinaria sarà destinata a salire dal 22 al 25,2% e quella intermedia dal 10 al 13%. A lanciare un allarme sui pesanti danni di un aumento dell’Iva è stata la Cgia di Mestre: “Se l’incremento delle aliquote Iva non verrà disinnescato, oltre ai pesanti effetti recessivi sull’economia, l’Italia rischia anche un forte aumento dell’evasione – ha sottolineato l’associazione artigiana, che ha proseguito spiegando che il possibile aumento di 3 punti percentuali dell’aliquota ridotta e di 3,2 di quella ordinaria interesserebbe anche i servizi di manutenzione e di riparazione, gli onorari dei liberi professionisti e le ristrutturazioni edilizie. Con questo aumento d’imposta, di fatto, molti clienti finali sarebbero spinti a non pagarla affatto, evitando di richiedere al prestatore del servizio la fattura o la ricevuta fiscale.
Secondo le elaborazioni dell’Ufficio studi dell’associazione artigiana, un aumento di un punto dell’aliquota ridotta (attualmente al 10%) costerebbe agli italiani circa 2,9 miliardi di euro, e quella ordinaria circa 4,4. Non è da escludere che dei 23,1 miliardi di potenziale aumento (di cui 22,6 di Iva, più ulteriori 400 milioni delle accise sui carburanti), l’esecutivo sia in grado di sterilizzarne solo una parte.
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