Fino a qualche anno fa era la mezzofondista più forte degli interi Stati Uniti. Oggi, spinge un passeggino con l’ultimo dei suoi figli: in ordine d’età, Linnea di 4 anni, e Astor di 1 anno e mezzo. Due gravidanze gestite fino all’ultimo sulle piste di atletica. Nel 2014 Alysia gareggiò con il suo solito fiore tra i capelli e il pancione di otto mesi. Le conduttrici dei talk la intervistavano stupite, i giornali la chiamavano “wonder woman” e così via. Una bella favola, verrebbe da pensare. E invece no.
Ora, però, Alysia Johnson ha deciso di uscire allo scoperto. Il suo racconto comincia con queste parole: “L’industria dello sport garantisce agli uomini una carriera protetta, ma cancella una donna che vuole avere un figlio”. In alcune discipline, come il basket o il calcio, le leghe nazionali pagano le giocatrici professioniste. Nell’atletica, invece, l’unica fonte di reddito è rappresentata dagli sponsor.
Le regole sono fissate dai contratti. In una nota ufficiale Nike ha riconosciuto che nel passato “sono stati ridotti i compensi ad alcune delle atlete sponsorizzate a causa della gravidanza”. Una politica che sarebbe cambiata nel 2018, anche se l’azienda ha rifiutato di precisare se questi “cambiamenti” figurino nei nuovi contratti.