La battuta più significativa dell’intera saga del Trono di Spade, quella che chiude simbolicamente l’epopea fantasy più seguita degli ultimi anni prima ancora dei titoli di coda, spetta non a caso a uno dei personaggi più brillanti, il nano Tyrion: “Cosa unisce le persone? Le armate? L’oro? I vessilli? Le storie. Non c’è nulla al mondo più forte di una buona storia. Niente può fermarla, niente può sconfiggerla”. Un vero e proprio manifesto dell’opera di George R. R. Martin, trasformata in serie di culto e giunta finalmente al suo ultimo capitolo. Odiata, amata, regina indiscussa dei social. A suo modo, perfettamente riuscita.
L’atto finale è stato lento, malinconico. Daenerys, passata da liberatrice di popoli a spietata sovrana, cade prima che la sua tirannia possa vedere l’alba, uccisa dal suo grande amore Jon. Lo stesso Jon che per molti avrebbe dovuto finire i suoi giorni come sovrano dei Sette Regni e che invece cede il posto a Bran, che sul suo personalissimo trono siede già dall’inizio della saga. A lui, che non può avere figli, il compito di spezzare la maledizione: niente più lotte sanguinose per la successione, con la sua morte sarà il popolo a scegliersi i futuri sovrani.
E poi addii, abbracci, partenze. La fine dell’avventura, quella che lascia inevitabilmente l’amaro in bocca. E fa riflettere su quanto visto nel corso di otto, lunghissime (forse troppo) stagioni: la lotta per il potere non è mai buona, mai innocente. Per andare fino in fondo bisogna sporcarsi le mani, gli angeli di oggi saranno diavoli con il sorgere del sole. Condividere le scelte, fare fronte comune, è l’unico modo per mettere un freno alla follia che alberga in ogni animo, anche il più insospettabile.
Nel mezzo, storie di vite che si intersecano, ognuna alla ricerca della propria strada. Famiglie distrutte e altre che nascono. Cavalieri che tornano indietro, alle proprie radici, e altri che partono verso un futuro incerto, dove non esistono ancora confini. Tante donne, tutte apparentemente fragili e tutte costrette a crescere troppo in fretta. Tutte bellissime.
Fin dal suo approdo sul piccolo schermo, il Trono di Spade ha diviso i fan. Critiche sono piovute a ogni passaggio significativo, concentrandosi come da tradizione sull’ultimo, il più atteso. Se ne sono dette e se ne diranno. Nel bene e nel male la saga è rimasta fedele alla sua natura, senza sconti. Emozionante, viva. Ha sempre chiesto pazienza offrendo in cambio passione. Si stringe la gola quando, prima della parola “Fine”, fa capolino su un tavolo il libro “A song of Ice and Fire”. Quello che conserverà per sempre gli echi di quella che, per dirla alla Tyrion, è stata proprio “una buona storia”. E allora niente, negli anni a venire, potrà fermarla. Né sconfiggerla.
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