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Ecco perché l’Italia è tagliata fuori dalle decisioni importanti in Europa

L’Italia non ha alcuna possibilità nel prossimo futuro di incidere sulle decisioni dell’Unione europea. Il momento per fare i conti a Bruxelles è arrivato prima del previsto. E la realtà amara dei numeri condanna l’Italia ad una posizione di sostanziale irrilevanza come è stato evidente già al vertice di martedì sera. Le decisioni che contano continueranno ad essere prese dal Consiglio europeo, cioè dai Capi di Stato e di governo, soprattutto nella fase di transizione in cui né la Commissione né il Parlamento sono nella pienezza delle proprie funzioni.

E tanto più che il risultato elettorale ha reso sostanzialmente inapplicabile il metodo dello Spitzenkandidaten che avrebbe dato legittimazione popolare diretta al nuovo capo della Commissione. Il presidente del Consiglio Donald Tusk aveva chiarito sin dal vertice di Sibiu il 9 maggio che le due nomine di peso, Bce e Commissione sarebbero state di competenza della “camera degli Stati”.

Per capire perché l’Italia resta tagliata fuori dalle decisioni che contano bisogna guardare alla composizione del Consiglio: su 28 membri nove sono espressione di forze politiche di area liberale che aderiscono all’ALDE e sono guidati dal premier francese Emmanuel Macron. Altri nove sono dei Popolari e fanno riferimento alla cancelliera tedesca Angela Merkel, con l’incognita dell’ungherese Victor Orban che potrebbe abbandonare il Ppe per seguire il progetto sovranista di Salvini.

I cinque socialdemocratici (S&D) sono guidati dal premier spagnolo Pedro Sanchez. I sovranisti sono il polacco Morawiecki e la premier britannica May (ma questa è da considerare ormai fuori dai giochi) del gruppo Conservatori e riformisti (Ecr). Chiudono l’elenco il greco Tsipras (Sinistra unitaria) e due non iscritti ad alcun gruppo, Grybauskaite (Lituania) e il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte. Il quale, non a caso, l’altra sera è stato l’unico (a parte la May) a non avere alcun incontro bilaterale, a diffenza dei colleghi.

Un handicap non da poco quando si tratterà di stringere alleanze per ottenere decisioni gradite all’Italia. Morale: poiché le decisioni rilevanti si prenderanno ancora in Consiglio, a dare le carte saranno i Popolari del Ppe e i liberali dell’Alde, cioè la Merkel e Macron. I governi sovranisti in Consiglio sono quasi assenti se si fa eccezione per la Polonia, e così sarà in Commissione dove al massimo si troveranno allineati i tre commissari indicati da Polonia, Ungheria e Italia. Ma è difficile che vengano concessi loro portafogli di peso.

In Parlamento, infine, con questi numeri è difficile che i sovranisti riescano ad andare al di là di una rumorosa opposizione. Con un’altra importante annotazione che in Italia è sfuggita: la forte ascesa dei Liberali europei è legata al risultato ottenuto in Francia da En Marche di Macron che è arrivato dietro al Front National della Le Pen, ma con un distacco inferiore a un punto percentuale e con un solo seggio di distanza.

 

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