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Di Maio si è “salvinizzato”: il leader 5 Stelle è ormai un Capitano 2.0

Come contagiato da una misteriosa malattia, di quelle che solitamente appartengono al mondo dei fumetti e del cinema supereroistico, Luigi Di Maio si stra trasformando lentamente in quella che a un certo punto della storia gialloverde era sembrata la sua nemesi, il malefico Matteo Salvini. L’uomo che con la sua arroganza, la sua spregiudicatezza, aveva portato alla fine dell’esperienza di governo comune, spazzata via in nome dell’interesse personale della Lega.

A Di Maio non stanno spuntando i baffi del numero uno del Carroccio. Come d’altronde mancano ancora all’appello gli avvistamenti in spiaggia, tra belle ragazze in costume e mojito d’ordinanza, e la passione per le divise. Per il resto, però, il parallelismo tra l’ultima vita del leader pentastellato e Salvini inizia a farsi inquietante. Alla prese con il compito di dar vita a un nuovo esecutivo, guardando stavolta alla parte rossa dell’emisfero parlamentare, Giggino è infatti ormai irriconoscibile. Una mutazione che ha spiazzato tutti, compresi i suoi sostenitori.Le ultime giornate sono state vissute all’insegna della trattativa serrata tra il Pd e il singolo Di Maio, l’uomo che ormai ordina e rivendica, come faceva un tempo il ministro dell’Interno leghista. Pretende la conferma di Conte, punta il ministero della Difesa, non cede di un millimetro sul ruolo di vicepremier, incarico al quale non è disposto a rinunciare neanche sotto tortura. L’appellativo di Capitano, che in maniera un po’ grottesca accompagna ormai da oltre un anno Salvini, gli calzerebbe a pennello.Una reazione feroce, quella di Di Maio, alle prese con una situazione spinosa e piena di trappole. L’accordo con il Pd è complicato, difficile da far digerire all’elettorato. Giggino lo affronta con la spavalderia del “si fa come dico io o niente”. Per mostrarsi, dopo mesi nell’ombra di Salvini, finalmente forte. Studiando un po’ lo schema del suo amato/odiato ex alleato. Risultando a tratti grottesco, sempre più spesso.

La Lega, piuttosto. La tentazione del passo indietro, del ritorno alle origini, resta forte in una frangia del Movimento. Coprire in fretta e furia il rosso dem con il caro, vecchio verde Carroccio e riscrivere il contratto di governo. Ci pensa, anche se non lo dice, lo stesso Di Maio. Senza rendersi conto di essere ormai diventato quasi un clone di Salvini. Un Batman col sorriso del Joker. Che al popolo grillino inizia a far paura.

Vicepremier, ministri, Di Maio: tutte le spine della rosa giallorossa

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