Emarginata sul lavoro per aver scelto di avere un secondo figlio. Un passaggio stupendo della sua vita che però, per Chiara, si è trasformato in un vero e proprio incubo: “Non dovevi fare un altro figlio, ora al lavoro ti faranno morire. Ti conviene andartene” sono state le parole che un consulente le ha rivolto all’interno di un’azienda milanese che ha imputato alla donna la responsabilità, termine che suona grottesco e drammatico allo stesso tempo, di una seconda maternità.
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A quel punto erano partite delle contestazioni e, al momento di andare in maternità, Chiara aveva saputo di essere stata sostituita con una persona assunta a tempo indeterminato. Seguono avvertimenti dei consulenti (“Ti faranno morire”) e la comunicazione che la donna sarebbe stata “riposizionata”. Infine, l’azienda ha rotto gli indugi facendole sapere che non la voleva più. Lei non ha mollato, però, e così nei suoi confronti le vessazioni si erano fatte sempre più intense.
Un pc senza nemmeno posta elettronica, compiti sempre più banali, la totale estraneità da ogni riunione. Persino il mancato accesso al telecomando per aprire il cancello. Alla fine la donna si è rivolta alla Cgil. Succede a Milano, nel 2019. Fa riflettere. E soprattutto fa paura.
Più che una riforma, uno spot: così il taglio dei parlamentari non funziona