La partita più importante dell’anno per gli amanti di calcio, quella che si giocherà il 30 maggio 2020 alle 20:45 a Istanbul sotto gli occhi di tutta Europa: allo Stadio Olimpico Atatürk andrà infatti in scena la finale di Champions League. Ecco perché, mentre a Lussemburgo l’Ue ha preso l’impegno di bloccare la vendita di armi alla Turchia, già annunciato da Germania, Francia e dal ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, prende piede la proposta di revocare a Erdogan una vetrina importantissima e disputare l’ultimo atto della più importante competizioni di pallone per club in un’altra città.
Non giocare la Champions League in Turchia sarebbe allora una risposta dura all’attacco militare nel nord della Siria. Un’iniziativa che vede di nuovo il governo italiano in prima linea. Nelle scorse ore è infatti emersa la volontà del ministro dello Sport Vincenzo Spadafora di andare fino in fondo, inviando al presidente dell’Uefa, Alexander Ceferin, una lettera con la quale chiede “se non sia inopportuno mantenere ad Istanbul la finale di Champions League il 30 maggio 2020”.
La scelta sarebbe una naturale conseguenza, alla luce “dei gravissimi atti contro la popolazione civile curda e dell’intervento con il quale l’Unione europea condanna l’azione militare della Turchia”. La proposta è nata sui social network e l’hashtag #NoFinaleChampionsaIstanbul, lanciato da Marco Mazzocchi, è diventato virale su Twitter. Ad appoggiarlo è praticamente tutto l’arco parlamentare italiano. Da Più Europa al Pd che con alcuni deputati ha lanciato una petizione, fino a Fratelli d’Italia.
Per revocare la finale di Champions League alla Turchia, al di là della volontà degli Stati, serve una decisione dell’Uefa, il massimo organismo del calcio europeo. Che per ora resta cauto, ma non chiude la porta all’ipotesi: “Revocare una finale di Champions è un atto forte dal punto di vista sportivo, non siamo ancora nelle condizioni di poterne parlare”.
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