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Il nuovo fascismo di Salvini e Trump è figlio dell’attuale capitalismo: ecco perché si deve cambiare

C’è un’intervista a Mariana Mazzuccato, economista, docente di Innovation and Public Value all’University College di Londra, direttrice dell’Institute for Innovation and Public Purpose e autrice di The value of everything, che vale la pena riprendere per ragionare sul pericolo di un nuovo fascismo, à la Salvini e Trump, generato dal capitalismo contemporaneo. L’intervista, a cura di Gea Scancarello, è stata pubblicata su Business Insider. Mariana Mazzucato da tempo racconta l’esigenza di un cambio di paradigma nei modelli economici dominanti, a partire da una consapevolezza: se non si cambia rotta il rischio molto concreto è quello di una nuova ondata di fascismo, perché gli effetti di scelte economiche sbagliate si misurano non solo sul Prodotto interno lordo, ma soprattutto sulla società.

Il modello capitalista è fallito? “Direi di sì, e le ragioni sono diverse. La prima è che c’è stata una finanziarizzazione spaventosa dell’economia, il che significa sia che il settore finanziario è diventato più importante dell’economia reale, sia che l’economia reale è diventata finanziarizzata: con un gioco di parole, la finanza finanzia la finanza”.

“Gli investimenti si concentrano nei settori che in inglese si indicano con l’acronimo FIRE: Finance, Insurance, Real Estate (finanza, assicurazioni e immobiliare). Va poi anche detto che l’enfasi delle aziende, a livello globale, è più nel ricomprare le proprie azioni che nell’investire lo stesso denaro sul capitale umano, o per altri investimenti produttivi: soltanto le imprese del cosiddetto Fortune 500 hanno speso tre trilioni di dollari in shares buyback”.

“I governi non devono distribuire denaro, devono creare le condizioni per la trasformazione del comparto in crisi. Qualsiasi settore dovrebbe poter ricevere sostegno solo a condizione che metta in piedi le condizioni per trasformarsi, e che evolva in qualcosa che porti benefici alla società nel suo complesso”.

Quali sono gli effetti di un capitalismo che non cambia, e di governi che sbagliano gli interventi, sulla società? “L’avanzata di un nuovo fascismo. Per capirlo bisogna fare un passo indietro. La crisi finanziaria ha avuto enormi conseguenze che ancora persistono, e che ancora animano la rabbia della gente: basti dire che nel novembre del 2010, 120 mila case furono pignorate solo negli Stati Uniti e nessuna delle persone impiegate nelle banche e nel settore finanziario – responsabili della crisi – sono state chiamate a rispondere legalmente delle proprie azioni”.

“Questo ha contribuito ad alimentare l’insoddisfazione anche nei confronti della politica, e la crescita delle destre. Così, in assenza di una contronarrativa e di una seria strategia alternativa per la crescita, basata sull’inclusività e non sulla mera redistribuzione a qualcuno, che è uno degli argomenti facili del populismo, emergono personaggi come Salvini in Italia o Trump negli Stati Uniti, capaci di intercettare e fare crescere questa onda di insoddisfazione, un po’ come è successo negli Anni 30”.

Qual è invece la responsabilità dei governi? “I governi dovrebbero fare almeno due cose importanti. In primis, assicurarsi di fare investimenti, specie quando c’è un problema di investimenti privati; poi, premiare le aziende che fanno investimenti di lungo periodo, così come quelle che lavorano concretamente per spingere la transizione a un altro modello. Si deve mettere denaro pubblico nell’economia verde, o usare le tasse e gli stimoli per spingere il cambiamento”.

“È da qui che bisogna ripartire: quello che non mi piace dell’economia predittiva è che spesso non si prende il giusto tempo per provare a cambiare le cose dal basso, o anche solo a imparare dalle esperienze degli altri per poi ‘teorizzare’. In questo momento storico, non abbiamo bisogno di più critici, ma di più persone che facciano”.

 

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