L’acqua alta a Venezia ha creato danni al momento incalcolabili. Musei, case, attività, imbarcazioni, beni culturali… Tutto rovinato, distrutto e danneggiato dalla marea record. Si è dunque riaperto il dibattito sul Mose, il sistema di paratoie mobili pensato per difendere Venezia. Costituito da 78 paratoie mobili posizionate sui fondali in grado di chiudere le tre bocche di porto, è attualmente fermo al 94% dei lavori. A che punto è oggi? Quanti soldi pubblici sono stati spesi per un’opera mastodontica e incompiuta? Doveva costare 3,4 miliardi di euro, ne costerà 5,49. Doveva essere finito nel 2016 e oggi manca l’ultima tranche del finanziamento, 200 milioni, mentre la conclusione dei lavori è adesso prevista nel 2021-2022.
Racconta oggi Repubblica che il Mose oggi è costruito al 94%: “Il denaro per finirlo c’è, perché lo Stato ha messo a disposizione l’intero importo, solo che per percorrere l’ultimo miglio servono i 200 milioni fermi al Provveditorato di Venezia. Possono sbloccarli solo a Saldo avanzamento lavori come da capitolato del progetto. Secondo il piano dei commissari, già nell’autunno 2020 le barriere, seppur in fase di sperimentazione, si chiuderanno per difendere la città dalle maree. E serviranno almeno 80 milioni di euro all’anno per la manutenzione, che saranno pagati dall’ente gestore ancora da individuare. Una parte, assai nutrita, di ingegneri idraulici e ambientalisti dubita però della reale efficacia del Mose”.
Si legge ancora nell’articolo che “già nel 2006 uno studio di Principia, leader mondiale nel campo della modellistica, metteva in guardia: con particolari condizioni di mare (onda di 2,2 metri con frequenza di 8 secondi), si può generare l’effetto ‘risonanza’, che rende le paratoie instabili e inefficaci. Armando Danella, membro dell’associazione AmbienteVenezia, consulente della ex giunta Cacciari, spiega: ‘Nel 2003, quando hanno definito il progetto Mose, hanno calcolato un innalzamento del livello del mare, dovuto al riscaldamento globale, di appena 22 centimetri in un secolo. Ipotizzavano di azionarlo 6 volte all’anno, quando l’alta marea raggiungeva 1 metro e dieci dal medio mare. Hanno sottovalutato tutto: le più recenti previsioni stimano in 90 centimetri l’innalzamento del livello del mare, e infatti già nel 2018 il Mose sarebbe entrato in funzione venti volte. In questo modo, senza il ricircolo dell’acqua e l’ossigenazione necessaria, la Laguna diventerà una fogna’.
La storia del Mose è una storia all’italiana: ritardi, polemiche, inchieste e tangenti. La prova di innalzamento delle barriere del 4 novembre è slittata a causa delle troppe vibrazioni, l’entrata in funzione prevista per il 2022 è a rischio. L’unica certezza sono i 5,5 miliardi di euro pubblici fin qui sborsati per un’opera incompiuta e già obsoleta. Intanto, sono arrivate condanne in primo e secondo grado, più una sfilza di patteggiamenti tra gli imprenditori, e spesso si dimenticano le reali dimensioni dello scandalo Mose: i finanzieri hanno calcolato che il Consorzio, tra il 2004 e il 2014, si è mangiato 250 milioni di euro in tangenti, sovrafatturazioni, evasioni fiscali, fondi neri, consulenze fittizie; solo in mazzette sono stati dissipati almeno 40 milioni di euro, tutti (e anche qualche milione in più).
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