Salvini, almeno a livello comunicativo, non fa mai qualcosa a caso. C’è sempre un motivo ben preciso. E quindi ce n’è uno anche dietro la sua clamorosa sparata (rivelatasi un autogol) contro la Nutella. A raccontare tutto è Giuliano Foschini su Repubblica di oggi. Foschini spiega che in questa maniera gli algoritmi di Facebook, Twitter e Instagram hanno portato in primissimo piano Salvini che nelle ultime settimane stava soffrendo. È questa la sintesi della giornata matta dell’ex ministro dell’Interno che è riuscito a polarizzare le ultime 24 ore del dibattito politico e pubblico su quella battuta sulla Nutella.
Missione compiuta, dunque. Sono intervenuti tutti i partiti, dal Pd a Fratelli d’Italia, da Renzi ai 5 Stelle, con Salvini e il suo staff che non si sono mai sottratti. Anzi. Hanno provato a dare una spiegazione nel merito: “Mi addolcisco la giornata – ha detto Salvini che in serata si è fatto fotografare davanti a uno scaffale, con tanto di logo Nutella in primo piano accanto però ai Pan di Stelle e Novi – visto che sono uno dei massimi consumatori italiani di Nutella e derivati, con un appello alla Ferrero, ‘comprate italiano’: la Nutella è dolce perché c’è lo zucchero, ma in Italia sono rimasti solo due zuccherifici e io preferisco chi usa materie prime italiane”.
L’intervento è stato dovuto perché l’uscita si stava trasformando un boomerang: la Nutella è un prodotto amatissimo, mai forse come in questo momento, e l’attacco frontale di Salvini aveva lasciato in molti sorpresi. Eppure i professionisti del suo entourage non hanno fatto cadere la cosa. Anzi, l’hanno rilanciata, soffiando quasi sulla polemica. Non per caso: in questa maniera gli algoritmi di Facebook, Twitter e Instagram hanno portato in primissimo piano Salvini che nelle ultime settimane, spiegano gli esperti, stava soffrendo.
L’exploit delle sardine, aveva spostato il dibattito, solitamente polarizzato sulle sue pagine, in altri gruppi. Facendogli perdere così molta centralità. La battaglia della Nutella ha invece rimesso per Salvini in ordine delle cose. Fino al prossimo cambio di algoritmo, per lo meno.
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