Per Salvini adesso sono guai: il processo per sequestro di persona per il caso della Nave Gregoretti sarà difficilmente evitabile, al contrario di quello che è successo con la Diciotti. I numeri, infatti, condannano il leader del Carroccio. Roberto Calderoli in testa e gli altri esperti di meccanismi parlamentari hanno spiegato al capo che la sentenza, salvo sorpresa, è scritta: il Senato accoglierà la richiesta del Tribunale dei ministri per mandare sotto processo l’ex capo del Viminale per il caso della nave della Guardia Costiera bloccata con a bordo 131 migranti al largo di Augusta dal 27 al 31 luglio 2019, giorni in cui Salvini era in vacanza al Papeete.
Spiega oggi Carmelo Lopapa su Repubblica che a inchiodare il leghista sono i numeri: Calderoli conosce bene l’articolo 135 bis del regolamento di Palazzo Madama, quello che disciplina l’“Esame degli atti tramessi dall’autorità giudiziaria per l’autorizzazione a procedere”. Ebbene, prevede che per il rigetto della richiesta occorre il voto palese della maggioranza dei componenti del Senato. Qualunque sarà il voto in giunta per le immunità che si pronuncerà il 20 gennaio. Vuol dire che occorreranno 160-161 voti per respingere la richiesta di processo.
Salvini non ha certo paura del processo, sostiene il capogruppo leghista Massimiliano Romeo, “ma è inaccettabile pensare di processare chi, da ministro, non certo da privato cittadino, ha difeso i confini del proprio Paese nel rispetto delle regole e combattendo l’immigrazione clandestina”. Resta qualche incognita che lascia uno spiraglio. Per esempio, il drappello di grillini sensibili alle sirene salviniane, a Palazzo Madama più che alla Camera, da Giarrusso a Paragone. Ammesso che anche loro possano servire e bastare.
Salvini spera che a quel voto in aula, a febbraio, si arrivi dopo un successo in Emilia Romagna. Che metta fine al governo e magari alla legislatura. Ma questo ad oggi è improbabile, anche perché secondo gli ultimi sondaggi Bonaccini è ancora avanti su Borgonzoni. E in ogni caso la fuga dal processo di Salvini è alquanto curiosa. Non solo perché questo è quello che prevede il suo “Decreto Sicurezza”, ma anche perché al Senato Salvini dovrà dimostrare che ha agito in base all’interesse pubblico e non ad un suo interesse privato (ad esempio quello di usare il “caso Gregoretti” per una mossa di propaganda politica).
Tutt’altro argomento è quello adombrato da Salvini sul rischio che scatti la Legge Severino in caso di condanna: per Salvini, una eventuale condanna in primo grado non vorrebbe dire essere incandidabile, ma prevederebbe la sospensione in caso di elezione. Ed ecco dunque che quel riferimento tra le righe dell’intervista al Corriere evidenzia il vero timore del numero uno della Lega. Che teme che la trappola si materializzi grazie al combinato disposto tra una condanna in primo grado e quanto previsto dalla legge Severino.
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