Le misure adottate nei confronti del sindaco di Bibbiano Andrea Carletti erano infondate, in quanto mancavano gli elementi per imporre l’obbligo di dimora. A stabilirlo è stata la Cassazione, nelle motivazioni del verdetto che il 3 dicembre ha annullato senza rinvio la misura cautelare. Si tratta dell’ennesima decisione che smonta di fatto l’impianto di una vicenda che ha suscitato molto clamore e che ancora oggi viene utilizzata frequentemente a fini politici dagli esponenti della Lega, un’arma per attaccare il Partito Democratico che però si sta rivelando sempre meno carica.
I supremi giudici hanno infatti rilevato “l’inesistenza di concreti comportamenti”, ammessa anche dai giudici di merito, di inquinamento probatorio e la mancanza di “elementi concreti” di reiterazione dei reati.
Sul rischio di inquinamento probatorio, è stato anche sottolineato che l’ordinanza del riesame di Bologna, che il 20 settembre aveva revocato i domiciliari a Carletti imponendo però l’obbligo di dimora, non si è basata su “una prognosi incentrata sul probabile accadimento di una situazione di paventata compromissione delle esigenze di giustizia”.Anzi, il riesame, si legge ancora nel verdetto , “pur ammettendo l’inesistenza di concreti comportamenti posti in essere dall’indagato, ne ha contraddittoriamente ravvisato una possibile influenza sulle persone a lui vicine nell’ambito politico amministrativo per poi inferirne, astrattamente e in assenza di specifici elementi di collegamento storico-fattuale con la fase procedimentale in atto, il pericolo di possibili ripercussioni sulle indagini”.
Tutto “senza spiegare se vi siano, e come in concreto risultino declinabili, le ragioni dell’ipotizzata interferenza con il regolare svolgimento di attività investigative ormai da tempo avviate”. Di “natura meramente congetturale” anche il rischio di reiterazione. Non c’erano dunque gli estremi per i provvedimenti nei confronti del sindaco Carletti, i cui arresti domiciliari avevano contribuito al grande eco mediatico della vicenda.
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