Le immagini sono drammatiche. Basterebbero queste per imporre al Giappone la fine di questo scempio disumano. Un gruppo di balene pilota viene catturato e condotto nella “baia della morte”. Lì i cetacei, spaventati a dai cacciatori che li avevano inseguiti per ore a bordo di piccole imbarcazioni, si sono radunati in cerchio, esausti, nel recinto subacqueo nel quale erano stati confinati. La femmina a capo del branco ha iniziato a nuotare attorno agli altri esemplari come per confortarli, strofinandosi a loro. Un piccolo terrorizzato si è allontanato dal gruppo e ha cercato, invano, di fuggire al terribile destino che lo attendeva di lì a poco.
Come scrive Fanpage, “cacciatori e addestratori si sono avvicinati e hanno iniziato la selezione degli animali: alcuni, infatti, vengono venduti a peso d’oro ai delfinari e ai parchi acquatici cinesi, strappati per sempre alle loro famiglie e alla libertà dell’oceano, che non vedranno mai più. Gli altri, uno dopo l’altro, sono stati condotti sotto grossi teloni e massacrati per la carne, nonostante quella di cetaceo sia contaminatissima da mercurio. Il sangue dei mammiferi marini uccisi ha tinto di rosso ancora una volta la famigerata baia della morte”.
Almeno altre cinquanta balene sono state catturate dopo questo massacro, molte delle quali in preda al panico si sono spiaggiate e ferite contro le rocce che circondano la baia di Taiji. Le immagini strazianti sono state raccolte di nascosto dal team di volontari “Cove Monitors” del Dolphin Project, un’organizzazione fondata dal famoso ex addestratore di delfini Richard “Ric” O’Barry.
La quota concessa ai cacciatori di Taiji per la stagione 2019/2020 è di oltre 1.700 cetacei, fra i quali un centinaio di globicefali di gray o dalle pinne corte, una specie diversa dal globicefalo che viene comunemente massacrato nelle grindadrap alle isole Faroer. Dall’inizio di luglio il Giappone ha anche ripreso la caccia commerciale ai grandi cetacei misticeti.
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