La vicenda del Frecciarossa deragliato a Casalpusterlengo in provincia di Lodi continua a scuotere l’Italia intera che si è stretta intorno al dolore delle famiglie delle due vittime. Adesso ci sono cinque operai indagati, si tratta di un atto dovuto, perché a lavorare sullo scambio al chilometro 166+771, fino a un’ora prima del disastro, è stata proprio quella squadra di Rfi. Per questo la procura di Lodi, titolare dell’inchiesta, ha iscritto i loro nomi nel registro degli indagati. Gli specialisti del Noif, il Nucleo operativo incidenti ferroviari della Polfer, stanno svolgendo per la Procura di Lodi le indagini che hanno al centro anche la mancata segnalazione al sistema elettronico di sicurezza dello scambio in ‘svio’ per capire cosa sia effettivamente successo.
Tecnici e investigatori dovranno chiarire perché il sistema di rilevamento abbia ricevuto una segnalazione di binari “per dritto” e non di “svio”, che avrebbe fermato il treno prima. A contatto con lo scambio la carrozza n.1, dove si trova la motrice del Frecciarossa, è praticamente decollata a 300 chilometri orari di velocità, impattando contro un carrello che si trovava su un binario di ricovero, e poi contro una palazzina di manutenzione. Dalla cabina di pilotaggio, sventrata, i corpi dei due macchinisti sono stati proiettati fuori a grande distanza. I sindacati rifiutano però l’ipotesi di un errore umano commesso dalla squadra di cinque operai che erano intervenuti sullo scambio poco prima come unica causa dell’incidente.
I lavoratori, seguendo una normale procedura, sono stati intanto destinati ad incarichi di ufficio, in attesa degli esiti delle inchieste aperte dalle Ferrovie e dalla Procura di Lodi. L’ipotesi principale è stata da subito che l’errore sia stato umano, e quindi le indagini si stanno concentrando su quanto fatto dai cinque operai di Piacenza nel loro intervento di manutenzione ordinaria. Repubblica, citando finti vicine all’indagine, ha spiegato che verso la fine dell’intervento, cominciato a mezzanotte, la squadra aveva rilevato un’anomalia al deviatoio in questione: il sistema di sicurezza non rilevava il passaggio dello scambio da “aperto” a “chiuso”.
Da quello che si è capito finora, secondo le ricostruzioni di Repubblica e Corriere della Sera, lo scambio dell’incidente era stato riparato dagli operai che avevano provato ad aprirlo e chiuderlo più volte per testarlo. Non avendo ritenuto la riparazione sufficiente, però, avevano deciso di isolarlo dall’alimentazione escludendolo così dai sistemi di sicurezza. È la procedura standard, ma invece di lasciare il deviatoio chiuso, come segnalato alla centrale operativa, sembrerebbe che gli operai lo abbiano lasciato aperto. Essendo stato isolato, l’anomalia non sarebbe stata rilevata dai sistemi di sicurezza, che altrimenti avrebbero rallentato il Frecciarossa prima dell’incidente.
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