L’inferno è tornato. Ed è tornato in Europa, a un passo dall’Italia, un’altra volta. Dopo le denunce sulle condizioni dei migranti nei campi di concentramento della Libia, adesso arrivano quelle dalla Grecia, nuovo punto di approdo di migliaia di persone, donne e bambini. E sono proprio questi ultimi ora a fare più notizia, dopo che Medici Senza Frontiere ha fatto sapere una cosa terribile: alcuni di loro, appena 10 anni, hanno tentato il suicidio. La morte come unica soluzione all’inferno di quei campi, dove ogni giorno subiscono abusi e violenze. “Nelle ultime quattro settimane abbiamo registrato un aumento del numero di minori affetti da intensi attacchi di panico, pensieri suicidi e tentativi di togliersi la vita”, dichiara Alessandro Barberio, psichiatra di Medici senza frontiere (Msf) presso la clinica di Mitilene.
Con il continuo aumento del numero di migranti e rifugiati nell’isola di Lesbo in Grecia – denuncia l’organizzazione umanitaria – la situazione nel campo di Moria sta precipitando nel caos, con scontri e disordini costanti, episodi di violenze sessuali e un peggioramento delle condizioni psicologiche delle migliaia di persone intrappolate nel campo. Come riporta Fanpage, attualmente a Moria ci sono oltre 8.000 persone stipate in uno spazio per 3.000. Le condizioni di vita sono così dure che la loro salute fisica e mentale risulta pesantemente compromessa. “Negli ultimi mesi, abbiamo assistito ad un ulteriore aumento della violenza, ormai quotidiana, trattando vittime di violenze sessuali avvenute all’interno o nei dintorni del campo”, avvertono gli operatori di Msf.
Gran parte della tensione è causata dal sovraffollamento e dalla mancanza di condizioni di vita dignitose e umane. All’interno del campo destano preoccupazione le condizioni dei bambini e dei minori non accompagnati, che stanno vivendo un nuovo trauma dalla loro esperienza di vita in Grecia, come è emerso durante le terapie di gruppo di Msf rivolte a più piccoli. “Problemi alla pelle dovuti alla scarsa igiene a cui si aggiungono malattie respiratorie causate dai gas lacrimogeni sparati nel campo dalla polizia per reprimere i disordini. Un quadro clinico che ha effetti devastanti sulla salute dei più piccoli”.
Il campo di Moria è stato inaugurato nel 2015. Progettato come posto di transito dove i rifugiati avrebbero dovuto trascorre solo pochi giorni, si è trasformato in una “prigione” per molti di loro che da anni sono costretti a vivere sull’isola greca. Le autorità elleniche che gestiscono la struttura giustificano il sovraffollamento e il mancato trasferimento dei richiedenti asilo con la politica di contenimento dei profughi messa in atto dall’Unione europea. Medici senza frontiere chiede alle autorità europee e nazionali di intensificare l’accesso alla salute e la sicurezza per le persone che si trovano nel campo.
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