L’inadeguatezza di una classe politica che troppo spesso, tanto a livello nazionale quanto a livello locale, continua a fomentare la rabbia degli italiani giocando con i loro istinti più primordiali, invece di fornire loro risposte adeguate alle sfide che si palesano di volta in volta, è sintetizzata in quel gesto apparentemente goliardico e in realtà criminale, contrario alla legge oltre che al senso del dovere: il presidente del Consiglio regionale dell’Abruzzo, Lorenzo Sospiri di Forza Italia, che ha fatto ammainare la bandiera europea in polemica per la presunta mancanza di solidarietà da parte dell’Ue verso il nostro Paese.
Un gesto purtroppo non isolato, con protagonisti sempre e ovviamente personaggi appartenenti all’area di centrodestra, quella che al momento si trova all’opposizione e ribolle di rabbia nel veder crescere giorno dopo giorno la popolarità del premier Giuseppe Conte, l’uomo che sta tentando in questi giorni complicati di trovare una quadra con Bruxelles per mettere le basi di una futura, rapida ricostruzione economica. Per sfidare Palazzo Chigi e ricavarsi visibilità, l’unica strategia possibile è alzare l’asticella: suggerire agli italiani che, proprio nel bel mezzo della crisi, sia giusto abbandonare l’Europa e tentare di cavarsela da soli.
Un ragionamento insensato, irresponsabile, pericoloso. Dato in pasto agli elettori da quegli stessi partiti che, in realtà, non si azzarderebbero mai e poi mai a portare l’Italia fuori dall’Unione. Non lo pensano nemmeno. Lo ha chiarito tante volte Berlusconi, lo ha spiegato il leghista Borghi con chiarezza. E allora quel gesto, quella bandiera ammainata, si rivela per quello che è: una provocazione vuota, buona soltanto a catturare qualche like sui social, a generare qualche commento furioso da utenti esasperati. Ed è contrario alla legge, quindi va punito.
Battersi per gli interessi nazionali non significa inneggiare su Facebook a bandiere europee ammainate e bruciate. Significa portare avanti le proprie ragioni con determinazione nelle sedi opportune, Bruxelles in primis, per costruire pian piano un’Europa diversa, più equa e solidale. L’emergenza coronavirus ha portato alla luce, inesorabile, tutti i problemi ancora iscritti nel dna dell’Unione. Per cambiarla, però, serve responsabilità, non facili slogan di piazza.
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