Come è ormai noto il petrolio è crollato. A New York ha chiuso in calo del 305% a -37,63 dollari al barile. Il prezzo del petrolio è dunque andato sotto zero, ed è la prima volta nella storia. Quello che ora in molti si chiedono è: perché? Proviamo dunque a spiegare cosa è successo. Un crollo evidentemente collegato al peggioramento della crisi causata dal Coronavirus. I trader – come spiega QuiFinanza – sono spaventati e non vogliono più investire sull’oro nero anche per il pesante squilibrio tra domanda e offerta innescato proprio dalla pandemia che ha contagiato tutto il mondo. Il calo dei prezzi, insieme all’attesa di una ripresa dell’attività economica in autunno, si è tradotto in quello che viene chiamato contango, fenomeno in cui i prezzi delle commodity sono più alti per il futuro di quanto non lo siano per il presente.
Colpa delle speculazioni sul petrolio, dicono diversi analisti. “Sta di fatto che la scadenza ravvicinata, a maggio, del Wti fa sì che i volumi diminuiscano, esacerbando il crollo dei prezzi mentre il mercato si riposiziona sul contratto a giugno. Non solo. I media Usa riportano che un centro di stoccaggio di petrolio in Oklahoma sarebbe ormai vicino alla massima capacità. A magazzini pieni, i venditori sono disposti a pagare i compratori pur di farsi ritirare la merce, visto che non c’è più spazio per stoccarla”. Ma non è tutto per comprendere questo fenomeno inedito.
A partire da maggio 2014, le quotazioni del petrolio sono crollate di circa il 60% con un’accelerazione del ribasso a partire da inizio dicembre 2015 in seguito alla decisione dell’OPEC di non modificare la propria produzione malgrado l’eccesso di offerta mondiale. L’aumento importante dell’offerta è dovuto principalmente alla nuova produzione di provenienza iraniana. Il fatto che siano state tolte le sanzioni occidentali in seguito agli accordi conclusi tra Teheran e le grandi potenze mondiali permette infatti attualmente a questo paese produttore di vendere il proprio petrolio sul mercato. Questo rientro sui mercati ha raggiunto il suo massimo ad inizio 2016.
Come si legge su investire-petrolio, “sebbene l’eccesso di produzione induca ovviamente un calo dei prezzi, l’OPEC non ha voluto ridurre le proprie quote e neanche mettere in programma un nuovo obiettivo. Si noti che l’OPEC supera già le quote precedentemente fissate a 30 milioni di barili al giorno con una produzione che si colloca attualmente intorno ai 32 milioni di barili. Alcuni specialisti di questo mercato pensano che questa decisione dell’OPEC abbia come obiettivo l’abbassamento dei prezzi per fare concorrenza al gas di scisto ed al petrolio statunitensi: si sa infatti che le estrazioni negli Stati Uniti non sono redditizie che al di sopra di un certo prezzo al barile”.
Sul crollo pesa dunque la forte concentrazione dei contratti da parte di un solo fondo Usa. Ma sullo sfondo c’è anche il drastico calo della domanda legato alla diffusione del contagio, con lo stop di trasporti e attività. L’ultimo capitolo di una storia da sempre segnata da profonde fluttuazioni. E ora i cittadini si chiedono: “La benzina costerà meno?”. Come fa sapere QuiFinanza, questo è “un crollo che certo non si tradurrà in una contrazione dei prezzi della benzina. Alla pompa, la fluttuazione del prezzo del carburante non subirà infatti particolari scosse”.
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