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Dopo la guarigione ritrova la figlia che non vedeva da 12 anni: “Un doppio miracolo”

Claudio Facoetti è arrivato all’ospedale Gavazzeni di Bergamo in un momento atroce, quando gli ospedali lombardi erano stracolmi. E pochi giorni dopo il ricovero, i medici hanno proposto alla figlia Stefania di trasferirlo in Germania, a Bochum. “All’inizio ero spaventata, il pensiero di non poterlo più rivedere vivo mi angosciava, ho detto ci penso un attimo. Era gravissimo, era già in terapia intensiva. Ma la dottoressa mi ha detto non si preoccupi che in Germania faranno del loro meglio’”. E così è stato: il padre è stato portato a Bochum, nella regione della Ruhr. “E lì, ha raccontato Stefania, “c’erano degli angeli ad aspettarlo”. Piano piano il padre si è svegliato dal coma. Una bellissima storia a lieto fine, che segna non solo la gioia di una guarigione ma anche il ricongiungimento a distanza di anni, tra un padre e una figlia. Infatti quando il 19 marzo scorso i carabinieri di Curno hanno comunicato a Stefania che suo padre era stato ricoverato, la donna non lo sentiva e non lo vedeva da dodici anni. “A distanza di un mese – ha raccontato a la Repubblica – posso dire di aver vissuto un doppio miracolo. Mio padre è sopravvissuto al coronavirus. E io l’ho ritrovato, dopo dodici anni di silenzio”.

La Germania ha accolto 45 pazienti italiani, la maggior parte gravissimi. Purtroppo, dieci di loro non ce l’hanno fatta: erano in condizioni disperate. “È una situazione di grande tensione”: Sven Bercker non usa giri di parole. Accudire un paziente che arriva in condizioni estremamente critiche “e che di solito non verrebbe spostato neanche da una stanza all’altra” è una responsabilità inimmaginabile. Ma i due pazienti affetti da coronavirus che il medico del dipartimento di terapia intensiva dell’Università di Lipsia ha curato con particolare dedizione, sono arrivati in Germania su aerei militari, accuditi ininterrottamente da personale specializzato. “A fine marzo non c’era scelta”, ha raccontato Bercker al telefono con la Repubblica. “Li abbiamo fatti arrivare qui nel momento di maggiore picco in Lombardia, quando gli ospedali erano pieni. Io spero di non vivere mai quello che hanno vissuto i miei colleghi a Bergamo: un’apocalisse”. Uno dei due pazienti arrivati a Lipsia non ce l’ha fatta.
Il grande sostegno della Germania
La Germania, peraltro, si è fatta interamente carico anche dei costi. Per gli oltre 200 pazienti accolti dal’Italia, dalla Francia e dall’Olanda ha speso 20 milioni di euro. Insieme al parlamentare della Cdu Marian Wendt, un enorme merito dell’iniziativa va all’ambasciatore tedesco in Italia, Viktor Elbling. “L’iniziativa – ha affermato l’ambsciatore – è nata quando abbiamo visto gli ospedali sovraccarichi di pazienti. In Germania c’è un grande senso di solidarietà verso l’Italia, e a tutti i livelli: società civile, amministrazioni comunali e regionali, governo. I pazienti che sono arrivati qui erano tutti in condizioni molto difficili. Abbiamo collaborato in modo stretto e proficuo con la Regione Lombardia e la Protezione civile”.
La solidarietà della Germania si è espressa anche attraverso altri aiuti diretti. Nelle prime due settimane di aprile un’equipe di due medici e due infermieri di Jena è stata in prima linea a curare i pazienti da Covid-19 a Napoli, all’ospedale di Boscotrecase. E il ministero della Sanità guidato da Jens Spahn ha inviato 7,5 tonnellate di materiale medico in Italia, tra cui 75 respiratori, abbigliamento protettivo e mascherine. La Croce rossa tedesca ha donato a quella italiana 1.500 camici medici e 190 visiere protettive.

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