Continuano ancora le discussioni all’interno del governo per l’avvio della Fase 2, quella che vedrà l’Italia tornare a muoversi con la consapevolezza che la battaglia contro il coronavirus non è però ancora vinta. Proprio per questo il premier Giuseppe Conte continua a voler tenere il freno a mano tirato: “Finché non esisterà un vaccino, non potremo dire che è davvero finita”. Questa la preoccupazione emersa durante l’ultimo incontro con i capidelegazione Roberto Speranza, Dario Franceschini, Alfonso Bonafede, Teresa Bellanova e il commissario speciale Domenico Arcuri.
Conte sa però anche di dover dare risposte ai tanti italiani in attesa di conoscere come e quando potranno tornare a lavorare o spostarsi. Entro poche ore dovrebbero arrivare le linee guida, mentre il Dpcm potrebbe essere pronto per lunedì 27 aprile. Un compito gravoso, visto che andranno indicate le distanze da mantenere, i comportamenti individuali da adottare, l’obbligo o meno delle mascherine e via dicendo. Qualche informazione, però, ha già iniziato a filtrare.
Dal 4 maggio, stando all’orientamento al momento prevalente, non dovrebbe esserci più l’obbligo di indossare mascherine. Impossibile mantenere una fornitura costante per ogni cittadino, oltre ai problemi respiratori che causano nelle persone più anziane. Dovranno essere utilizzate, però, sugli autobus, nei negozi e nei luoghi pubblici. Non sarà inoltre più necessaria l’autocerficiazione per uscire di casa e si potranno visitare amici e parenti. Resterà il divieto, salvo “comprovati motivi di salute o lavoro”, di lasciare la propria Regione. La stretta potrebbe poi essere ulteriormente allentata a fine maggio se le cose andranno per il meglio.
Poi si procederà a cadenza bisettimanale: si programmeranno nuove aperture ma con un occhio alla curva dei contagi. Probabile che le attività commerciali possano rialzare la saracinesca, quindi, il prossimo 18 maggio, sempre che l’allarme non sia nel frattempo tornato alto. Le imprese avranno inoltre una sorta di “patente di sicurezza”: sanificazioni, mascherine, turni negli spazi comuni e via dicendo. Il settore terziario dovrà ricorrere il più possibile allo smart working. Il piano si applicherà, questa l’idea attuale, su tutto il territorio nazionale, senza distinzioni.
Il deputato leghista va in Parlamento con la febbre e senza mascherina