Fino a qualche mese fa cucivano abiti di alta sartoria, ma con la moda ora ferma, piume, pietre preziose, perline, raffia, fiori variopinti sono stati messi da parte e sostituiti dalla produzione di mascherine. E’ quello che è successo ai laboratori di Terry Ricami nella zona industriale di Nardò, nei quali sono stati creati i vestiti che hanno sfilato sulle più importanti passerelle del mondo. Le preziose mani di queste sarte, guidate da Melissa Bologna, hanno realizzato l’abito per Melania Trump, per Sophia Loren e anche quello di Dolce e Gabbana indossato dall’attrice Sofia Vergara per la notte degli Oscar. Adesso però per non restare chiusa, lasciando a casa tutti i suoi lavoratori, questa azienda tessile del Salento ha convertito per il momento la sua produzione da abiti da Oscar, a mascherine filtranti destinate alle aziende e alla collettività. L’azienda tessile pugliese ha aderito al protocollo del Politecnico di Bari, rispettano quindi i requisiti stabiliti con la Regione Puglia come protezioni di emergenza.
“Non vediamo l’ora di tornare alla nostra produzione – ha raccontato a la Repubblica
Alessandro Presta, che assieme al suo socio Salvatore My, da 21 anni gestisce l’azienda Terry Ricami – le mascherine sono un palliativo per poter restare aperti e far lavorare così almeno altre 18 persone che per un mese sono rimaste a casa”. L’azienda pugliese ha in tutto 79 dipendenti, gli altri che non sono impiegati nella produzione delle mascherine sono in cassa integrazione, potranno rientrare solo quando l’attività tornerà a regime.
“Produrre una mascherina filtrante – ha spiegato Presta – costa circa 1 euro e 20 centesimi (tra materia prima, costo del lavoro e imbustamento), noi la rivendiamo intorno a 1,60, un piccolo ricavo che ci permettere di tenere accesi ancora i motori”. Per l’imprenditore è impossibile comprare a prezzo finito in farmacia una mascherina a 50 centesimi.
“Ho sentito il presidente Conte dire che le mascherine chirurgiche saranno vendute a 50 centesimi – ha concluso Presta – questo è impossibile. Questo costo era giustificato sino a qualche mese fa quando le mascherine erano importate dalla Cina e la materia prima costava molto meno. Le aziende industriali che in Italia producono questa tipologia sono molto poche, e nessuno farebbe ora un investimento per nuovi macchinari, inoltre il tessuto viene importato da Cina e Vietnam, e al momento il costo è triplicato”.
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