Non si placano le polemiche intorno alla comunicazione dei dati dei contagi da parte della Regione Lombardia, accusata di nascondere la reale situazione sul proprio territorio per evitare che il governo intervenga con un nuovo lockdown. Un’accusa mossa per primo da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, nel corso della trasmissione Otto e Mezzo in onda su La7. E ripresa successivamente anche da Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale di Milano, che ha scelto di tornare sullo spinoso argomento in un’intervista rilasciata a La Stampa.
“Di certo la Regione non ha tutti gli elementi che dovrebbe avere – ha spiegato Galli – Se non fai abbastanza tamponi è possibile che l’attendibilità o la riproducibilità dei tuoi dati ne risenta, e vale per molte regioni. È una questione molto lombarda, ma non soltanto. Diciamo che dipende dalla rilevanza dell’infezione. In Lombardia è più evidente anche perché è una regione sotto i riflettori. In Piemonte per esempio per settimane si è fatto poco per limitare l’epidemia. Così pure altrove”.
L’accusa mossa nei confronti della Lombardia è articolata. Il numero di positivi comunicati al giorno, innanzitutto, sarebbe “gonfiato” dall’inclusione nel conteggio anche dei tamponi effettuati per confermare la guarigione. Mancherebbe ancora, inoltre, un tamponamento massiccio che consenta di avere un quadro completo della situazione in una delle Regioni più colpite d’Italia dall’emergenza sanitaria. Si sospetta, insomma, che la curva del contagio non venga tenuta adeguatamente sotto controllo.
Anche un altro medico, Walter Ricciardi, in un’intervista a Repubblica senza fare nomi dice che i dati che provengono dalle Regioni non sempre sono attendibili. A Radio24 Cartabellotta aveva invece spiegato: “C’è il ragionevole sospetto che le Regioni stiano “facendo magheggi”per non dovere richiudere. La Lombardia è una di quelle”. Accuse che la Regione definisce “gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero”, promettendo già querele.
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