Ancora polemiche intorno alla figura di Attilio Fontana, il governatore lombardo finito nel mirino più volte nel corso delle ultime settimane per la gestione dell’emergenza sanitaria e gli errori commessi nella prima fase della diffusione del coronavirus sul territorio. Ora, il programma Report ha sollevato il caso di una fornitura di camici da oltre 500 mila euro ordinata da Regione Lombardia, tramite la centrale acquisti Aria, a una società varesina riconducibile alla moglie e al cognato proprio del governatore.
Secondo Report l’operazione doveva inizialmente assumere i connotati della donazione, salvo poi invece mutare in un affidamento diretto senza gara pubblica. L’episodio si era poi comunque concluso alla fine del mese di maggio con la restituzione del denaro alla pubblica amministrazione. Un caso iniziato il 16 aprile, nel bel mezzo della crisi sanitaria, quando la Dama spa si era aggiudicata senza gara una fornitura di camici per il valore di 513 mila euro.
La società, che detiene il marchio di abbigliamento Paul&Shark, era stata fondata negli anni Settanta dalla famiglia Dini. Oggi l’amministratore delegato è Andrea Dini e una quota appartiene anche alla sorella Roberta, moglie del governatore lombardo. L’ordine da mezzo milione di euro, stando ai documenti recuperati da Report, riguardava 7 mila set di camici, guanti e calzari e 75 mila camici singoli, con regolare fattura e pagamento a sessanta giorni.
Secondo i diretti interessati, però, si tratterebbe soltanto di un malinteso e non ci sarebbe alcun conflitto di interessi intorno alla figura di Fontana. “Doveva essere una donazione”, ha spiegato Andrea Dini, “chi se ne è occupato ha male interpretato, ma poi me ne sono accorto e ho rettificato tutto”. In effetti il 22 maggio la società ha stornato le fatture e restituito il denaro alla Regione.
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