“Sono single, non ho figli e sei settimane fa, all’età di 29 anni, mi sono sottoposta al legamento tubarico. Si è trattato, senza alcun dubbio, della migliore decisione che io abbia mai preso”. Così comincia un articolo pubblicato l’anno scorso su The Huffington Post Usa e poi tradotto e comparso sull’Huffpost.it, che narra della storia di una giovane donna che ha scelto volontariamente di non diventare mai madre. “A stupirmi di più sono state le reazioni degli amici stretti e dei familiari, che da tempo erano a conoscenza del mio desiderio di non esser madre – ha spiegato a giovane -. Nonostante tutti mi avessero appoggiato in quella scelta, la decisione di renderla permanente attraverso l’operazione è sembrata sollevare un turbinio di preoccupazioni e tensione al quale non mi ero mai trovata ad assistere. Perché, mi son chiesta, è tanto facile rispettare la scelta di una donna di non avere figli solo fin tanto che lei non va a incidere fisicamente sul proprio corpo a sostegno di quella scelta?”.
All’età di 21 anni, la giovane donna aveva già richiesto l’intervento di chiusura delle tube ricevendo un esito negativo, tentando di nuovo a 25 anni. “Non è stata certo la mia prima conversazione con un medico riguardo alla possibilità di render permanente, una decisione che sapevo d’aver già compiuto ormai da una vita. Quello d’esser responsabile della vita di un altro essere umano, inclusi gli annessi e connessi dell’abnegazione emotiva, dell’impegno economico e della spossatezza fisica, era un concetto che mi aveva sempre e solo repulso. Avevo già provato a fare l’operazione subito dopo il college, quando avevo 21 anni, e poi di nuovo immediatamente prima di sposarmi, a 25 anni. Mi rivolsi a due medici diversi (per quel che vale, e potrebbe non significare niente, in entrambi i casi si trattava di medici di sesso maschile), entrambi con studio a Manhattan, e nessuno dei due si era detto disponibile a operarmi. “Lei è troppo giovane”, mi son sentita dire. Anche “può ancora cambiare idea” era fra le più gettonate”.Una vita incompleta
“Il punto di vista di entrambi i medici newyorkesi non faceva che ripetere ciò che già mi ero sentita dire da tutti gli altri per tutta la mia vita da adulta. Fra i corollari più significativi c’erano “sei egoista a non volere figli”, “e se poi incontri un uomo che vuole dei bambini?”, “non sai ciò che vuoi”, nonché il mio preferito in assoluto: “Senza di loro la tua vita sarà incompleta. La decisione di avere un bambino non è forse controllata e decisa dagli stessi potenziali genitori? Nella stragrande maggioranza dei casi un neonato non ti piove addosso. Si tratta, in genere, di una decisione meditata compiuta da un individuo o da una coppia. Ovvio che sia ardua, ma la scelta di avere un bambino è proprio quello: una scelta”.“Per quanto mi riguarda, c’è stato il fatto di sentirmi immediatamente interrogata da molte persone riguardo a ciò che farò quando (non se!) avrò cambiato idea. Viviamo davvero ancora in un mondo talmente patriarcale da supporre tutti che la più grande conquista di una donna possa essere solo quella di diventare madre? O perfino da credere che l’aspirazione più alta di una donna debba essere quella d’esser madre?”
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