Da quando la pandemia si è diffusa in tutta Italia, gli ospedali hanno dato la priorità ai malati di Covid-19, tralasciando in un certo senso gli altri. Ospedali riorganizzati per far fronte all’emergenza, sale operatorie chiuse se non per urgenze e centinaia di migliaia di interventi chirurgici rimandati, ambulatori fermi, screening e follow up bloccati o al rallentatore. Secondo Nomisma, si stimano oltre 11 milioni di controlli e accertamenti clinici saltati, cui si sommano 410mila interventi chirurgici di ogni tipo, giudicati “non urgenti2 e ora però da recuperare. Tra questi interventi chirurgici che anche quello di Daniela, una donna di 48 anni che si è convinta a tornare sotto i ferri per farsi asportare entrambi i seni, per prevenire la ricomparsa di un terzo tumore alle mammelle. Il suo intervento era in programma per l’inizio di marzo in un ospedale specializzato di Milano, ma è saltato, come molti altri, per la pandemia.
“È meglio prevenire, signora. Lei ha già avuto due tumori. Pensiamo sia più saggio, per il suo bene, procedere con una mastectomia preventiva”. Le parole dell’oncologo sono state chiare, ma oggi Daniela è impigliata nel tempo di una sanità tutta da riorganizzare: “Mi sono rassegnata. E aspetto. So che chi ha deciso di rimandare tutti gli interventi lo ha fatto a fin di bene: con questa brutta bestia in giro si rischiava di essere contagiati anche in ospedale – ha raccontato la donna in un intervista con
Repubblica -. Non mi era stato facile decidere di sottopormi a mastectomia. Io sono portatrice di una modificazione genetica che mi predispone a un altissimo rischio di sviluppare una forma aggressiva di cancro al seno, ma nessuno dei molti oncologi e dei senologi che ho incontrato concordavano sul fatto che questa fosse la scelta giusta: l’asportazione delle mammelle non azzera del tutto il rischio, anche se lo riduce a circa il 5%”.
L’ultimo medico, un oncologo, le ha detto senza mezzi termini: “Signora, lei è un morto che cammina. Non tergiversi”. Così Daniela si è convinta. “Ho iniziato un profondo lavoro introspettivo, per provare a immaginare le conseguenze di questa scelta, non solo sulla mia salute, ma anche sul modo in cui mi sarei relazionata con il mio compagno e con gli altri”. Nella nostra cultura, dice, “il seno è presentato spesso come sinonimo di femminilità, e io su questo dovevo riflettere”. Quando però finalmente arriva il giorno dell’intervento, la pandemia stravolge la già sofferta scelta di Daniela. “E’ come se il destino, la fatalità o il caso, insomma l’imprevedibile, avessero scelto per me, ancora una volta”, ha raccontato. Infatti quando la donna aveva 28 anni, gli era stato diagnosticato un primo tumore all’utero mentre era già in attesa del suo secondo figlio: “Scelsi di curarmi, per veder crescere la figlia che avevo già, così interruppi la gravidanza – ha spiegato Daniela -. Il tumore usurpò il posto che era di mio figlio e profanò il mio sogno: mi tolsero non solo l’utero ma anche la possibilità di diventare di nuovo mamma”.
Quasi quindici anni dopo, si ammala ancora: tumore osseo. Di nuovo chemioterapia e radioterapia. Altri controlli, altre visite. Poi la scoperta della mutazione dei geni Brca (1 e 2). “Questa volta, sottoponendomi a mastectomia preventiva, volevo giocare d’anticipo”, ha detto scherzando la donna. In queste settimane, mentre aspetta che gli ospedali riprendano regolarmente le attività, di notte però l’afferra la paura. “L’ansia è quella sensazione che scaturisce aspettandosi il peggio, senza che sia accaduto – ha spiegato – la mia, invece, è proprio quel tipo di paura che ti fa accartocciare nel letto e ti morde il petto, perché so bene cosa si prova quando si teme di non poter soffiare le prossime candeline con la propria figlia”. In certi momenti, ha detto la donna, “è come se ci fosse una risacca che butta fuori i ricordi dei periodi più duri”.
Ti potrebbe interessare anche: Costretto a lavorare senza protezioni, si ammala di Covid: “Io licenziato dal Don Gnocchi dopo la denuncia”