Il gradimento continua a essere alto e ora c’è che lo tira da una parte e chi dall’altra. C’è chi lo sprona a metter su un partito tutto suo, e chi invece in queste ore sta provando a convincerlo a prendersi la leadership del Movimento 5 Stelle. E visti gli ultimi sondaggi, la seconda opzione potrebbe fare davvero gola. Il premier Giuseppe Conte si conferma infatti tra i politici più amati dei nostri giorni. Addirittura, gli elettori del Movimento 5 Stelle lo preferirebbero di gran lunga a Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista: se il presidente del Consiglio diventasse il nuovo leader dei pentastellati, il M5S diventerebbe il primo partito nazionale, davanti alla Lega di Matteo Salvini (23,2%) e il Partito democratico.
È quanto è emerso dall’ultimo sondaggio Ipsos di Nando Pagnoncelli ripreso da Fanpage, che dimostra come, “nel caso in cui il premier fosse a capo del M5s, il Movimento farebbe segnare una crescita del 7,2% rispetto allo scenario attuale, passando dal 17,1% al 24,3%. La stima tiene conto di un elevato tasso di fedeltà degli attuali elettori (88%) e della capacità di attrazione di nuovi provenienti soprattutto dall’astensione e in subordine dal Pd. Dal sondaggio emerge la forza della figura di Giuseppe Conte durante le ultime battute dell’emergenza Coronavirus, che ha fatto aumentare, e non poco, il consenso nei suoi confronti ma anche il numero di cittadini che sarebbero felici di una sua discesa in campo alle prossime elezioni”.
L’indice di gradimento per il suo operato è passato da 48, registrato nel mese di febbraio, a 66 nel mese di aprile, nel pieno del lockdown, per poi assestarsi in questa settimana a 61. Non solo non avrebbe rivali se fosse a capo del Movimento 5 Stelle, ma buoni risultati sarebbero raggiunti anche da un eventuale partito del premier, oggi è accreditato del 14,1%, che si collocherebbe al quarto posto dopo la Lega (23,2%), FdI (16,6%), Pd (15,8%), precedendo il M5S (12,7%).
“Analizzando i flussi elettorali – specifica il sondaggio – si osserva che i voti per la lista Conte proverrebbero in larga misura (62%) dal M5S, dal Pd e dalle altre liste del centrosinistra, in subordine dall’astensione (20%), quindi dal centrodestra e da altre liste minori (18%)”.
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