Più soddisfatti e con migliori performance professionali. Sono i lavoratori che beneficiano dello smart working, ovvero della possibilità di operare con modalità flessibili di luogo, orario e strumenti di lavoro.
E forse non a caso cresce in Italia la diffusione dei progetti di smart working nelle grandi imprese, passate dal 17% del 2015 al 30%. Progetti che coinvolgono i 7% dei lavoratori italiani, i quali evidenziano benefici su carriera, prestazioni lavorative e work-life balance.
Questo il quadro che emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano: lo smart working si configura in Italia come una realtà rilevante che coinvolge sempre più imprese e lavoratori, mostrando grandi potenzialità di espansione.
I benefici dello smart working
L’analisi dell’Osservatorio Smart Working mostra come siano falsi alcuni timori tipici legati all’applicazione del lavoro agile. Il 41% degli smart worker coinvolti infatti valuta eccellente la propria capacità di sviluppare abilità e conoscenze propedeutiche a un’evoluzione professionale, rispetto al 16% del campione. Una valutazione che vale sopratutto per le donne smart worker, per cui il livello di soddisfazione è maggiore del 35% rispetto a quelle che lavorano in modo tradizionale.
Positivi anche gli effetti sulle performance professionali, come la qualità e quantità del lavoro svolto e la capacità di innovare nel proprio team di lavoro.
Inoltre gli smart worker sono più soddisfatti della media per la capacità di gestire la vita professionale e privata: il 35% è molto soddisfatto di come riesce a organizzare il proprio tempo (rispetto al 15% di media) e il 29% riesce sempre a conciliare le esigenze personali e professionali (rispetto al 15% di media).
Chi ricorre allo smart working
La ricerca ha coinvolto 339 manager delle funzioni IT, HR e Facility, oltre a un panel rappresentativo di 1.004 lavoratori (in collaborazione con Doxa) per rilevare le attuali modalità di lavoro delle persone.
Facendo riferimento al solo lavoro subordinato, gli smart workers sono già 250 mila, circa il 7% del totale di impiegati, quadri e dirigenti, cresciuti del 40% rispetto al 2013. Nel 69% dei casi lo smart worker è un uomo con un’età media di 41 anni, che risiede al Nord (nel 52% dei casi, solo nel 38% nel Centro e nel 10% al Sud).
Il 30% delle grandi imprese nel 2016 ha realizzato progetti strutturati di smart working, a cui si aggiunge un 11% che dichiara di lavorare secondo modalità “agili” pur senza aver introdotto un progetto sistematico. Diversa la situazione per le PMI, tra cui la diffusione di progetti strutturati è ferma al 5% dello scorso anno, con un altro 13% che opera in modalità smart in assenza di progetti strutturati.
Nella maggior parte delle organizzazioni di grandi dimensioni il progetto di smart working è ancora in fase di crescita, mentre solo nel 25% viene considerata a regime e il 35% ha una sperimentazione su un limitato numero di persone.
Il progetto di smart working
Per ottenere la massima efficacia un progetto di smart working dovrebbe agire su più fronti: flessibilità di luogo e di orario, riorganizzazione degli spazi e creazione di un sistema di performance e di management per obiettivi.
“Un progetto efficace di smart working deve porre le radici per lo sviluppo di un nuovo modello organizzativo– spiega Mariano Corso, responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working – Perché questo sia possibile occorre agire su tre elementi: l’allineamento strategico rispetto alle priorità strategiche aziendali e agli obiettivi delle persone coinvolte, uno stile di leadership che preveda coinvolgimento dei collaboratori nel processo decisionale e delega ai collaboratori, e persone collaborative”.
Le tecnologie digitali per lo smart working
I servizi di social collaboration, i servizi e gli strumenti per la mobilità, l’accessibilità e la sicurezza e le workspace technology sono le tecnologie digitali che abilitano lo smart working,
supportando il lavoro in mobilità e rendendo possibile la comunicazione, la collaborazione e la condivisione di conoscenza a prescindere dalla presenza fisica in un determinato luogo di lavoro.