Casapound aveva presentato alla Presidenza della Repubblica un ricorso per bloccare lo sfratto dallo stabile occupato in via Napoleone III a Roma. Ma il Consiglio di Stato lo ha respinto: è dunque legittimo l’atto con cui l’Agenzia del Demanio ha disposto lo sgombero del gruppo di ultradestra all’Esquilino. Il provvedimento a questo punto va soltanto sostanziato con un’ultima relazione sull’effettivo utilizzo da parte del Miur del palazzo. Poi via con lo sgombero. A chiedere la riconsegna dell’immobile un anno fa era stato l’allora direttore del Demanio, il prefetto Riccardo Carpino.
Il provvedimento notificato il 12 luglio 2019 non lasciava troppi margini di interpretazione: il palazzone alle spalle della stazione Termini va lasciato “libero e vuoto da persone e cose” entro e non oltre 60 giorni. Chiara anche la nota a margine: senza restituzione volontaria, si sarebbe proceduto allo “sgombero forzoso, con accollo delle spese necessarie per l’esecuzione e per la rimessa in pristino a carico degli occupanti”. Il tentativo di CasaPound di bloccarne gli effetti si è risolto in un nulla di fatto.
Anche perché la difesa messa in campo dai suoi legali si è dimostrata quantomeno contraddittoria. Prima hanno spiegato che, senza la sospensione del provvedimento, il movimento sarebbe stato esposto a un “danno grave e irreparabile”. Poi, facendo un passo di lato perlomeno sorprendente che “nessuna occupazione dell’immobile è da potersi ricondurre all’associazione ricorrente”. Affermazioni che, secondo i giudici della prima sezione, cozzano l’una con l’altra.
Spiega oggi Lorenzo D’Albergo su Repubblica: “In ballo c’è anche il risarcimento dei danni subiti dal pubblico erario: il movimento guidato da Gianluca Iannone deve restituire 4.642.363,10 euro. Fino all’ultimo centesimo. La stessa cifra che la Corte dei Conti chiede ai dirigenti del Mef e del Miur che per più di tre lustri non hanno fatto nulla per interrompere l’occupazione. L’ultimo appiglio che resta ai ‘fascisti del terzo millennio’ per non ritrovarsi a che fare con una pioggia di pignoramenti è un ricorso al tribunale civile”.
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