Alle 5.30 del mattino il presidente del consiglio europeo ha annunciato che l’accordo tra i leader europei sul Recovery Fund è stato finalmente trovato. Chi ha esultato più di tutti è stato il premier Conte, al centro delle trattative più calde, a dare spallate all’Olanda e a cercare di tenersi buone Francia e Germania. Stando ai primi numeri, e alla natura dell’intesa, però, più di qualcuno storce il sopracciglio. Come si sapeva fin dall’inizio, era assai difficile mantenere l’impostazione iniziale, con la maggior parte dei soldi dati come sussidi e non come prestiti. Poi le pressioni dei “frugali” hanno cambiato tutto e si è arrivati al solito compromesso al ribasso. Come spiega Federico Fubini sul Corriere della Sera, “nel Recovery Fund in discussione ieri sera si trovavano 390 miliardi di euro di trasferimenti diretti e una cifra fra 310 e 360 miliardi di prestiti da rimborsare fra il 2026 e il 2056”.
La parte di aiuti non rimborsabili scende di circa 50 miliardi nel complesso, ma per l’Italia c’è una sorpresa: “I fondi a disposizione in totale possono salire dai 173 miliardi di euro della proposta della Commissione Ue a 209, dei quali 81,4 come trasferimenti diretti di bilancio e 127 come prestiti. Sono questi ultimi a salire molto, mentre i trasferimenti diretti scendono solo di poco. L’aumento (potenziale) si spiega perché nel compromesso emerso una quota degli aiuti — forse più del 30%— si divide in base all’andamento dell’economia nel 2020 e nel 2021. E se si confermano le previsioni della Commissione, l’Italia quest’anno e il prossimo avrà la performance più drammatica dell’Unione europea”.
La parte dei prestiti riservati all’Italia, dunque, sale di ben 38 miliardi. In questo maxi-prestito c’è un effetto paradossale. Come spiega ancora Fubini, “quei 38 miliardi di prestiti in più all’Italia dal Recovery Fund sono quasi uguali all’ammontare offerto in prestito dal Mes che il governo sembra non volere. Le condizioni finanziarie sono simili, ma quelle politiche diverse: il Mes, che l’Italia per ora sta rifiutando, non richiede riforme; il Recovery Fund, che il governo non può rifiutare, ne prevede invece di molto precise. E vigilate da vicino”.
Rispetto alle proposte iniziali, dunque, è cambiata notevolmente la proporzione fra sovvenzioni a fondo perduto (“grants”), che ammontano a 390 miliardi di euro, e prestiti diretti agli Stati (“loans”), pari a 360 miliardi. Il rapporto diventa quasi paritario (52 a 48). Nella proposte della Commissione e nella precedente bozza negoziale di Michel, invece, il rapporto era 2 a 1 a favore dei “grants” (500 mld) rispetto ai “loans” (250 mld). È davvero un grande accordo per l’Italia? E a che prezzo?
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