Un’agricoltura spaziale, marziana nel Dna, fatta in casa ma pensata come fosse svolta su Marte. E’ l’orto del futuro pensato da Giorgia Pontetti, 42 anni, ingegnere elettronico e astronautico, di Rieti. Le lauree che ha conseguito sono due, una in Ingegneria spaziale e l’altra in Elettronica, ma l’amore della sua vita resta la terra. La stessa che coltivava suo nonno sulle colline di Petrella Salto, in provincia di Rieti, affacciate sullo splendido panorama del Lago del Salto. “A un convegno sullo spazio sentii parlare di coltivazioni idroponiche, di serre di pomodori su Marte e mi si accese una lampadina”, è la testimonianza della donna raccontata da Repubblica, che da alcuni anni conduce un’azienda che produce pomodori all’interno di una serra sterile, come se si trovasse proprio sul pianeta rosso del Sistema Solare, con ottimi risultati.
Nelle tre serre – “più pulite di una sala operatoria” – ha spiegato l’ingegnera spaziale, si coltivano non solo pomodori ma anche basilico a ciclo continuo da cui poi si ricavano conserve, liquori e composte con caratteristiche davvero ottime. La coltivazione idroponica comporta l’utilizzo di un involucro, una serra appunto, all’interno della quale, estate e inverno, la temperatura è costante. In essa, le radici delle piante si sviluppano in una soluzione acquosa invece che nella terra, metodo che permette l’incremento della resa e il controllo della crescita delle piante”.
L’ambiente sterile dunque favorirebbe la protezione delle piante dai parassiti e dalle malattie: i pomodori sono garantiti tutto l’anno e il principio dell’economia circolare induce a produrre anche energizzanti dalle bucce e i semi dei pomodori idroponici, ricche di antiossidanti. Questo tipo di produzione in ambiente artificiale si presta perfettamente alla coltivazione in luoghi dove l’agricoltura con una buona resa non è possibile. “Come anche in città – ha detto ancora l’ingegnera spaziale – “soprattutto in tempi in cui le campagne vengono sempre più abbandonate”.
C’è bisogno di innovazione
Il sistema va a pieno regime, dopo diversi anni di attività e i sette necessari per ottenere tutte le autorizzazioni. La parola chiave è innovazione: si tratta di un sistema completamente automatizzato, unico in Europa, gestito con un computer all’interno di una sala controllo interconnesso con il cellulare, attraverso il quale il pc segnala le criticità. Il ritorno all’agricoltura, fenomeno di questi tempi, è chiaro che non può avvenire secondo i metodi dei nonni, è il pensiero dell’ingegnera-contadina. L’automazione e l’hi tech nel settore garantiscono meno fatica sui campi e una resa più costante. “A questo basta aggiungere determinazione e coraggio”.
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