Oggi in Senato si vota per l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini. Dopo il caso Gregoretti, l’ex ministro dell’Interno rischia di andare a processo per quello della Open Arms, che un anno fa per 20 giorni rimaste in stallo a largo di Lampedusa con decine di migranti a bordo. Serviranno 160 voti nell’aula di Palazzo Madama, ovvero la maggioranza assoluta, per evitare a Salvini il processo. In questa battaglia ci sono due fazioni contrapposte, quella dei pro e dei contro. Per i pro la sintesi la fornisce Oscar Camps, fondatore di Open Arms, che c’era su quella nave tenuta lontano da Lampedusa per 20 giorni con 151 persone ormai allo stremo. “Non dimenticherò mai quegli uomini, donne, bambini increduli di essere ancora privati della libertà in Europa. Ragazze che avevano subito violenze, una donna con una natica gravemente ustionata che non riusciva a muoversi. Un uomo con un proiettile in un piede. In 13 si sono buttati a mare davanti Lampedusa e non sapevano nuotare”.
Continua Camps: “Salvini è colpevole di sequestro di persona. Il voto del Parlamento italiano è importantissimo. Mandare a processo Salvini significa ristabilire una verità storica e l’inviolabilità delle convenzioni internazionali che regolano il soccorso in mare nonché i principi delle nostre costituzioni democratiche. Sono anni che l’Italia riempie di soldi i trafficanti libici, ma le partenze non si sono mica fermate. Questi sono delinquenti che lucrano sulla pelle delle persone. Come si possono fare accordi con questi stupratori, torturatori, trafficanti, miliziani?”.
A fare il controcanto ci pensa invece Giulia Bongiorno, nota penalista ed ex ministro. Salviniana di ferro, è già pronta a difendere il capo della Lega con un “no” netto sul via libera al processo. “Salvini ha fatto il proprio dovere di ministro, perseguendo l’interesse pubblico a un corretto controllo e a una corretta gestione dei flussi migratori., tutelando l’ordine pubblico. Se si votasse in coscienza ed esaminando le carte, questa vicenda si chiuderebbe domani e per sempre”.
Quali argomenti userà la Bongiorno per convincere i suoi colleghi a votare no? La penalista risponde a Repubblica così: “Intanto, non incombeva sull’Italia l’obbligo di dare un posto sicuro e questo è pacifico. L’obbligo gravava sulla Spegna. Paese di bandiera della nave, o su Malta, luogo più vicino. Inoltre, in Italia vigeva un decreto che vietava l’ingresso, transito e sosta nel mare territoriale italiano. E comunque non può sussistere il sequestro se ci sono mille vie d’uscita. Il comandante ha reiteratamente rifiutato le molteplici alternative. Salvini comunque, non ha alcun timore per il processo”.
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