Dopo tanto tergiversare è arrivato il cambio di rotta in casa di Matteo Salvini. Il leader che inizialmente si era affrettato a gettare acqua su un fuoco pericoloso, quello dello scandalo “bonus Iva”. E che ora però, di fronte a una vicenda che non accenna a smontarsi da sola, ha scelto di imprimere il dietrofront alla sua truppa: niente più indulgenza verso chi si è reso protagonista della vicenda, ognuno sarà chiamato ad assumersi le proprie responsabilità. Costi quel che costi.
Sul caso la Lega inizia ormai a soffrire della tipica “sindrome da accerchiamento”. Con Salvini convinto che non solo gli altri partiti ma anche i colleghi di centrodestra, dalla Meloni a Berlusconi, affonderanno il colpo alla prima occasione utile. Con le Regionali quasi alle porte, un Carroccio indebolito farebbe d’altronde tanta gola soprattutto alla leader di Fratelli d’Italia, da tempo pronta a prendersi la leadership della coalizione. Meglio, allora, agire per tempo. A costo di sacrificare qualche pedina.
Salvini ha imposto un rigido silenzio al suo partito. Soprattutto dopo la fuga dei primi nomi: secondo diverse testate, tra i parlamentari che hanno chiesto i 600 euro messi a disposizione dal governo ci sarebbero il mantovano Andrea Dara e la piacentina Elena Murelli. Un “no comment” che però a breve potrebbe essere rotto da parole pesanti. Quelle con le quali il segretario della Lega ordinerà: “Non possiamo essere indulgenti”.
La nuova linea è quella dura, durissima. Insistere con la trasparenza, senza opporsi alla divulgazione dei nomi degli onorevoli, ma allo stesso tempo chiedere la testa del presidente Inps, additato come nemico per la gestione deficitaria della situazione. Nella speranza che i giorni passino rapidi e che non sia necessario procedere a espulsioni sanguinose.
L’incubo di Salvini: il Pd è più vicino che mai nei sondaggi e sogna il sorpasso