Passare il segno. È questo quanto è accaduto a Rimini. Una parata nostalgica e razzista della peggior specie andata in scena al ristorante Tana Marina. Una delle presenti, Adjisam Mbengue, ha raccontato tutto su Facebook, chiedendo poi ai suoi amici di farla girare, dopo aver regolarmente presentato denuncia ai carabinieri di Imola che hanno raccolto il verbale e ora si apprestano al sequestro delle immagini dalle telecamere a circuito chiuso. Cosa è accaduto? A tavola erano in una quindicina, due famiglie con cinque bambini in vacanza la settimana di Ferragosto. Dopo aver preso le loro ordinazioni, il gestore del locale ha chiesto scusa al quadro di Mussolini per aver servito dei neri. Già, avete letto bene.
Ma dal locale ora replicano: “Non era un quadro, ma una cassetta di legno col vino di Mussolini, poi l’abbiamo tolta perché dava fastidio. Nessun saluto romano, accogliamo tutti: anche i cani”. La toppa, insomma, peggio del buco. Una frase, quella finale, che fa ancora più male. Adjisam ha detto: “Allora ragazzi, arrivo dal comando dei carabinieri di Imola e questo è il verbale. Ora vi racconto cos’è successo: il 16 agosto mia sorella era con la sua famiglia a Rimini. Io sono andata perché dovevamo festeggiare il compleanno della mia nipotina di due anni. La sera decidiamo di andare a mangiare una pizza in un locale di Rimini dove avevamo già prenotato, eravamo una quindicina”.
Continua Adjisam: “Arriva un signore di mezza età, 45-55 anni, prende le ordinazioni poi si gira verso un quadro con Mussolini a braccio teso e dice: scusa Benito. Io a questo punto vi chiedo, da cittadina, se queste cose sono normali. Mia sorella si è messa a sbraitare ma non abbiamo voluto andare oltre perché eravamo con cinque bambini”. Al momento del conto ha rivisto il nostalgico: “Quando sono andata a pagare mi ha chiesto scusa, ha detto ‘Sono stato un deficiente’ e si è offerto di farci uno sconto, io gli ho detto che volevo solo andarmene ma lui l’ha fatto lo stesso: di tredici euro”. Ma ormai il danno era fatto.
Adjisam, come riporta Repubblica, ha 36 anni, è di origini senegalesi ma vive a Imola dove ha quattro figli e lavora per una multinazionale: attivista, è arrivata in Italia all’età di cinque anni, mentre sua sorella che era con lei, di anni ne ha 26 e ha sempre vissuto in Italia. “Sono in questo Paese da più di trent’anni – dice la donna, che si appella anche agli altri clienti italiani che erano presenti nel locale quella sera – il mio percorso scolastico l’ho fatto qui, la mia vita è qui, ho i miei figli, sono sposata, ho una casa. Questo signore probabilmente si è ritrovato davanti i neri sbagliati perché prometto che andrò fino in fondo, lo devo ai miei figli”.
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