“La chiave del successo – spiega Zaia in un’intervista al Corriere – risiede nel fatto che cerco di rappresentare il Veneto. Non è questione di gestione del Covid, i sondaggi già mi davano al 70%. Io ho ereditato una Regione che era la periferia dell’impero. Ieri eravamo lavoratori e pagatori di tasse, oggi siamo una comunità che spesso detta l’agenda”. Insomma, nessuna ambizione ‘romana’ o di scalata alla leadership della Lega? Zaia taglia corto, ma recita la parte: “Non sono minimamente interessato. E non lo ero anche in momenti in cui ci sarebbero state praterie politiche…”.
Tutti sanno delle frizioni interne al partito, e in molti ora vorrebbero lui alla guida della Lega. I risultati delle Regionali sono un campanello d’allarme per Salvini? A questa domanda Luca Zaia, confermato in modo plebiscitario alla guida del Veneto, sa che dopo questa valanga di consenso dovrà rispondere più di una volta. Nell’intervista al Corriere, Zaia mantiene ancora un profilo diplomatico, ma la sua risposta lascia intendere che la sfida a Salvini per la leadership ora è partita davvero: “La Lega è cresciuta molto, e come tutte le piante che sono cresciute rapidamente, ha bisogno di un palo”.
“La Lega – continua Zaia – è sempre stata eterogenea per estrazione sociale, culturale e politica. Ma noi abbiamo una caratteristica: l’identità. Non dobbiamo perderne un millesimo, è quella che ci rende forti. La vera abilità è quella di miscelare la disponibilità temporanea al voto a una persona con un consolidato progetto politico”, rimarca. E tutto lascia presagire che il consolidato progetto politico non sarà più di matrice salviniana.
Tornando alla sua rielezione “il doge” afferma: “Si sono azzerate le distanze, il cittadino sceglie non solo il partito ma anche l’uomo: non esiste un partito che valga il 70%. Non significa che i partiti siano finiti, i partiti sono la sacralità dell’idea e l’identità. Ma i presidenti devono declinare l’identità nel modo migliore: mi rifiuto di pensare che solo a destra si chieda legalità e ordine pubblico e dall’altra parte tutti pensino che i delinquenti abbiano avuto un’infanzia difficile”.
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