C’è chi continua a scherzarci, chi ironizza sul Dpcm del governo, chi cede a tesi negazioniste e chi scende in piazza con i No-Mask per dire che il Covid non esiste e che i dati non sono veri. Già, i dati. Gli ultimi arrivati rivelano una situazione davvero preoccupante. E al contrario di quanto sostengono coloro che non credono nella seconda ondata, ora emerge che la recente impennata nei casi di Coronavirus, che da giorni hanno superato la soglia di 5 mila al giorno, ci riporta inevitabilmente ai giorni più bui dell’epidemia. Il 28 marzo, per esempio, i ricoverati in terapia intensiva erano 3.856. Ma proprio le terapie intensive ci dicono che la situazione in Italia oggi non è molto rassicurante…
Nelle ultime 24 ore altre 62 persone sono state ricoverate in terapia intensiva per Covid, portando il totale nazionale a 514. Guardando ai numeri regione per regione scopriamo però, come rivela un’indagine di YouTrend ripresa da Open, che in ben nove regioni ci sono più pazienti in terapia intensiva rispetto a quando il governo Conte estese il lockdown all’intero territorio italiano. “Andando in ordine alfabetico troviamo che in Abruzzo oggi ci sono 15 persone in terapia intensiva, mentre all’indomani del lockdown erano 9. In Campania – una delle regioni che ha visto i casi aumentare più velocemente nelle ultime settimane – i ricoverati in terapia intensiva oggi sono 62, mentre all’epoca erano 11”.
Stessa storia per il Friuli Venezia Giulia (10 contro i 5 di marzo), per il Lazio (83 contro 18), per la Puglia (oggi 23, all’epoca 4), per la Sardegna (oggi 26, all’epoca 0), la Sicilia (44 contro un solo caso allora), l’Umbria (11 e 5) e la Valle d’Aosta (3 e 0). Salta subito all’occhio che 6 regioni su 9 sono del Centro-Sud. La regione che invece era stata più colpita nella prima fase dell’epidemia, la Lombardia, oggi ha quasi un decimo dei pazienti in terapia che aveva allora: 62 contro 560 dell’11 marzo.
Oggi i casi totali di Covid sono 5.901: si tratta del numero più alto dal 28 marzo. Naturalmente, ogni confronto con la prima fase dell’epidemia deve tenere conto delle differenze. A partire dal numero di tamponi. Il 28 marzo ne erano stati fatti circa 35 mila tamponi, 77 mila in meno rispetto a oggi. A preoccupare, però, come si diceva in apertura sono le terapie intensive che tornano a riempirsi.
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