Almeno stando ai risultati della rilevazione portata avanti per 4 giorni sul sito di Repubblica.it, se i gazebo del centrosinistra dovessero chiudere oggi, il candidato sindaco di Roma sarebbe Carlo Calenda. Sempre ammesso che le primarie si facciano e che il leader di Azione, finora contrario alla consultazione, vi partecipi. I dati dicono che il 50% delle preferenze dei 26.000 partecipanti vanno all’ex ministro che vince per distacco. Senza un altro “big” non sembra esserci un contendente in grado di insidiare il leader di Azione nella competizione interna alla coalizione traghettata dai dem. Anzi, al secondo posto, il 18% dei votanti fa sapere di non essere convinto da nessuno dei potenziali candidati emersi finora.
Dietro a Calenda, rileva Repubblica, “seguono la senatrice Monica Cirinnà al 9%, mentre al 4% ci sono il minisindaco del III Municipio, Giovanni Caudo, Stefano Fassina di Sinistra per Roma, l’attivista Tobia Zevi e Paolo Ciani, consigliere regional di Demos. Al 2% ecco i presidenti del I e VIII Municipio, Sabrina Alfonsi e Amedeo Ciaccheri. Con loro anche il deputato radicale Riccardo Magi. Chiude con l’1% delle preferenze la consigliera regionale Michela Di Biase, che ha fatto sapere di non essere interessata alla corsa”.
Queste cifre potrebbero essere argomento di discussione già oggi, quando si aprirà il tavolo per costruire la coalizione di centrosinistra verso le prossime comunali e dove alcune forze politiche (Italia Viva in primis) avanzeranno proprio il nome di Calenda in attesa che la nave del leader di Azione tolga gli ormeggi e prenda il largo. Se in solitaria o seguita anche dall’intera flotta del centrosinistra si vedrà presto. Per ora la posizione del Pd, emersa ieri durante la direzione del partito romano, ribadisce la necessità delle primarie ma con una via d’uscita: “Se ci sarà una candidatura condivisa da tutti non sono un obbligo”.
Ma il percorso è in salita e le candidature “unitarie” scarseggiano. Di certo, l’obiettivo dei dem è di non disperdere le forze e arrivare ai gazebo, se ci saranno, con un unico nome. Molto più difficile pensare a un’intesa tra Pd e 5 Stelle al primo turno che prevedrebbe un passo indietro di Virginia Raggi. A questa (complicata) possibilità starebbe lavorando AreaDem, la corrente che fa capo al ministro della Cultura, Dario Franceschini. Ma il tentativo non piace a tutti dentro al Pd, con tanti che preferirebbero ragionare solo di un possibile travaso di preferenze al ballottaggio.
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