La povertà in Italia oggi ha un volto diverso. Quello di una donna, di età media intorno ai 40 anni e con due figli. Costretta, per la prima volta nel corso del lockdown imposto dalla pandemia, a rivolgersi alla Caritas per chiedere cibo e sostenere la propria famiglia, non riuscendo più ad arrivare a fine mese. Questo l’identikit che emerge dal rapporto della stessa Caritas italiana, che evidenzia come nella società di oggi la percentuale di “nuovi poveri” presi in carico dalla rete delle associazioni diocesane sia passato dal 31% dei mesi di maggio al 45% di giugno.
Nel 2020, in sostanza, su 44.858 persone accolte da circa 680 centri di ascolto nel periodo traa maggio a settembre, circa 20.000 si affacciavano per la prima volta in cerca di aiuto. “Ad aumentare è in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei italiani e delle persone in età lavorativa, cala invece la grande marginalità. Si intravede dunque l’ipotesi di una nuova fase di normalizzazione della povertà”.
Secondo i ricercatori del centro studi Caritas, “a fare la differenza, rispetto a 12 anni fa, è il punto da cui si parte: nell’Italia pre-pandemia il numero dei poveri assoluti è il doppio rispetto al 2007, alla vigilia del crollo di Lehman Brothers”. In generale l’utenza delle Caritas diocesane è aumentato del 12% nel 2020 rispetto al 2019, dunque pre-pandemia.
Interessante anche l’identikit tracciato dal rapporto: il numero delle donne che hanno chiesto aiuto da maggio a settembre, subito dopo il lockdown, sono state il 54,4% contro il 50,5% del 2019. Il numero dei giovani tra 18 e 34 anni è passato dal 20% al 22,7%, gli italiani sono oggi il 52% dei poveri, contro il 47,9% del 2019, hanno dunque superato gli stranieri. Il numero di famiglie impoverite con parenti a carico, poi, genitori anziani, infermi è passata dal 52,3% del 2019 al 58,3% di questi ultimi mesi. Tra i motivi principali di caduta del reddito la perdita del lavoro.
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